Croce Nera Anarchica

Bollettino numero 4
Luglio 2002

Nel corso di un incontro tenutosi allo Stella Nera a Firenze in Aprile, gli sbirri hanno effettuato intercettazioni ambientali e ripreso con telecamere nascoste numerosi compagni presenti all'incontro. Nei verbali delle intercettazioni gli spioni traggono una serie di conclusioni basandosi su stralci di dialoghi riportati al di fuori del loro contesto e su quelle che sono le loro brillanti intuizioni. Queste conclusioni consistono nell'affermazione secondo cui un compagno che ha da poco lasciato la CNA, Mattia, avrebbe sottratto denaro dalla cassa. Vogliamo precisare che si tratta di una calunnia che ha come scopo quello di diffondere la diffidenza e alimentare i contrasti tra i compagni. Con Mattia abbiamo avuto delle divergenze, ma nessuno di noi ha mai messo in giro una voce simile né ha dubitato della sua correttezza nella gestione della cassa della CNA. Invitiamo i compagni a fare molta attenzione per evitare che gli sbirri, attraverso questi stratagemmi, riescano a ottenere il risultato sperato.


REPRESSIONE

Negli ultimi mesi il movimento anarchico ha subito diversi attacchi repressivi. Cercheremo, di seguito, di riportare una breve cronologia dei fatti accaduti.

Mercoledì 9 gennaio a Viterbo viene arrestato un compagno anarchico dopo una discussione animata con una pattuglia di vigilantes da cui era stato fermato. L'accusa è di resistenza e lesioni. Ad un'altra compagna fermata viene dato il foglio di via da Viterbo per tre anni. Il giorno successivo il compagno viene scarcerato in seguito all'udienza preliminare, con l'obbligo di firma due volte al giorno. Il processo si è tenuto il 14 gennaio ed ha decretato una condanna a quattro mesi con la condizionale. Negli stessi giorni è stato consegnato un secondo foglio di via ad una compagna. I compagni di Viterbo hanno diffuso un dossier intitolato "FIER" sulle vicende repressive che li hanno riguardati dal 1997, quelli qui citati sono solo gli ultimi episodi di una lunga serie.

Il 15 gennaio si è svolto il processo di secondo grado ai 4 compagni sardi arrestati per la tentata rapina alla gioielleria di Luras, i giudici hanno confermato le condanne emesse in primo grado che vanno dai cinque ai sette anni.

Il processo con rito abbreviato ai tre compagni del gruppo ecologista anarchico "il Silvestre", accusati di un attacco incendiario ad una concessionaria della Mercedes, si è conclusa con la condanna ad un anno con la condizionale.

Domenica 10 febbraio viene notata una telecamera all'esterno del laboratorio anarchico "la ramaccia", a Teramo. Nei giorni seguenti saranno ritrovate microspie nei locali del laboratorio e nell'abitazione di due compagni. Venerdì 15 nella notte scatta un'operazione di polizia su ordine del pm David Mancini. Oltre a perquisire le case di due compagni, gli sbirri vanno a curiosare anche nelle case di alcuni familiari. La perquisizione è estesa anche al laboratorio, dove gli sbirri fingono il ritrovamento di una pinza ed un filo metallico che, probabilmente, si erano portati dalla questura. I tre compagni sono indagati per associazione sovversiva (270 bis). Tre mesi dopo, il 12 maggio, sempre nell'ambito delle stesse indagini, vengono effettuate perquisizioni in altre sei case, tra Pescara, Viterbo e Teramo. Il numero degli indagati sale ad undici, uno dei quali ancora sconosciuto. Vengono sequestrati un computer e il solito materiale cartaceo. A Viterbo due compagni vengono arrestati durante la perquisizione a causa del ritrovamento di hascish.
Quasi contemporaneamente al ritrovamento delle microspie a Teramo, in Sardegna, nel circolo Fraria di Cagliari, i compagni si accorgono di essere spiati da una microcamera.

Il 4 marzo il tribunale di Bologna ha pronunciato la sentenza di primo grado, condannando tre compagni, per i disordini avvenuti in via del Pratello dopo la morte di Baleno. La notte fra il 2 e il 3 aprile 1998, infatti, pochi giorni dopo la morte di Edoardo Massari avvenuta nel carcere "le vallette" di Torino, a Bologna ci fu un presidio non autorizzato in pieno centro, sotto al carcere minorile. Venne staccata una telecamera, furono incendiati cassonetti e la protesta finì con una carica della polizia. Le condanne in primo grado sono rispettivamente di: 4 mesi (con condizionale), 6 mesi, 7 mesi. I compagni sono liberi in attesa dell'appello.

La notte stessa dell'omicidio di Marco Biagi, la sbirraglia ha effettuato una serie di perquisizioni a Bologna con l'articolo 41 TULPS (ricerca armi ed esplosivi senza mandato) anche in case di compagni anarchici. Nei giorni successivi anche a Trieste, alcuni anarchici hanno ricevuto perquisizioni analoghe; a Pisa, alcuni compagni sono stati trovati in possesso di volantini che facevano riferimento alla morte di Biagi, per i quali è scattata la denuncia di "propaganda sovversiva", poiché all'interno del volantino Marco Biagi era giustamente definito servo dello Stato e nemico dei lavoratori. Il giorno dopo, 5 abitazioni di compagni sono state perquisite col 41 TULPS.

Nella notte fra il 28 e il 29 marzo, la città di Latina viene imbrattata con numerose uova di vernice che colpiscono il comune, banche, caserme e oscenità varie, per ricordare la morte di Baleno avvenuta quattro anni prima nel carcere di Torino. La mattina del 30 scattano le perquisizioni in tre abitazioni, quattro compagni vengono portati in questura. Uno di questi viene rilasciato, gli altri sono arrestati con le accuse di resistenza e lesioni. L'1 Aprile i tre vengono rilasciati dopo l'udienza preliminare. Il processo per direttissima si svolge dopo qualche giorno: due compagni sono condannati a sette mesi con la condizionale, il terzo ha patteggiato una pena di quattro mesi, sempre con la condizionale.

Il 26 Aprile su mandato del pm romano De S(i)ervo, le celle nelle quali sono sequestrati i compagni Federico Pais, Salvatore Nurra, Pierleone Porcu, Francesco Porcu, Riccardo Sotgia, Carlo Tesseri, Gregorian Garagin vengono perquisite. Anche Silvia agli arresti domiciliari a Bergamo e Silvano, scarcerato da poche settimane, subiscono la stessa perquisizione. In Sardegna viene perquisito Costantino Cavalleri. Le perquisizioni fanno capo alle indagini relative al motorino esploso il 26 febbraio nei pressi del Viminale, sede dell'infame ministero dell'interno.
Tutti i compagni perquisiti, tranne uno, si trovavano in carcere il 26 febbraio. L'operazione repressiva di De Siervo, nei confronti di compagni già duramente colpiti, è la sporca operazione attraverso la quale si tenta di isolare i prigionieri rivoluzionari sia all'interno del carcere, sia all'esterno. Il sequestro della corrispondenza è un vero atto intimidatorio nei confronti di chi mantiene contatti con i detenuti, allo scopo di spezzare ogni forma di solidarietà.
Per ottenere quest'infame risultato, già molte volte la magistratura ha cercato di cucire addosso ai compagni detenuti il ruolo di "leader di movimento", giustificando così ulteriori restrizioni come la censura sulla corrispondenza e l'applicazione di regimi speciali.

Chiudiamo questa cronologia con la notizia della scarcerazione del compagno anarchico Silvano Pelissero. Dopo 4 anni passati tra carcere e comunità e l'assassinio in carcere di Baleno e Sole, arrestati nell'ambito della stessa inchiesta condotta dal pm LAUDI, la corte di cassazione ha riconosciuto infondata l'accusa di associazione sovversiva, rinviando la riformulazione della condanna alla corte d'appello di Torino. Silvano è uscito per decorrenza termini.
Roberta Ripaldi, comunista arrestata dagli sgherri di De Siervo nell'ambito dell'indagine relativa a varie azioni tra cui l'attacco esplosivo alla sede dello IAI (Istituto Affari Internazionali), è stata rilasciata il 7 maggio al termine dell'udienza preliminare. La sua posizione è stata ritenuta dai giudici meno grave di quella degli altri coimputati, Fabrizio Sante Antonini e Raul Terilli, che restano in carcere in attesa del processo che dovrebbe svolgersi a settembre.
Alla fine di questa cronologia, vogliamo ribadire l'importanza della solidarietà attiva nei confronti di tutti gli individui e le realtà colpite. Solo attaccando il potere e le sue manifestazioni concrete è possibile intraprendere un percorso di liberazione totale dalle nocività che esso produce.


ABC INTERNATIONAL

Il 14 e il 15 giugno si è svolto a Dijon (Francia) il secondo incontro internazionale delle Croci Nere europee. Erano presenti le ABC dei seguenti paesi: Francia, Belgio, Polonia, Repubblica Ceca, Germania, Italia.
L'incontro è stato molto interessante, sia per lo scambio di informazioni tra i gruppi sulla situazione repressiva che stanno vivendo i diversi Paesi di provenienza, sia per il confronto e la discussione sui metodi d'intervento nelle tematiche legate al carcere ed alla repressione. Su quest'ultimo punto in particolare, dobbiamo notare che si è registrata una forte convergenza ed affinità tra i gruppi presenti, che si è espressa in modo particolare nel rifiuto delle campagne innocentiste a favore dei prigionieri e del ricorso a mediazioni istituzionali per ottenerne il rilascio. Questa maggiore affinità riscontrata tra i gruppi presenti rispetto all'incontro dello scorso anno si può spiegare con il fatto che questa volta erano presenti soltanto quelle realtà che già all'incontro precedente si erano mostrate più affini nel metodo, oltre che con la maggiore conoscenza tra i compagni presenti.
Per quanto riguarda la situazione repressiva nelle diverse realtà, abbiamo avuto modo di constatare come dopo i fatti dell'11 settembre c'è stato un effettivo aumento del controllo poliziesco e un inasprimento della legislazione sul terrorismo in quasi tutti gli Stati interessati, eccezion fatta per la Polonia e la Repubblica Ceca, dove non ci sono state grosse ripercussioni nei confronti dei movimenti rivoluzionari. In generale, abbiamo constatato che il livello della repressione e del controllo nei confronti delle realtà rivoluzionarie in Italia è tra i più alti. Basti pensare che tra i compagni provenienti da altri paesi sono sconosciute, almeno per quanto riguarda le esperienze dirette, alcune pratiche tanto care agli sbirri nostrani come l'installazione di microspie, rilevatori satellitari e telecamere nelle abitazioni, nelle auto e presso i luoghi di ritrovo dei compagni.
In Germania in base ad una nuova legge, se un gruppo è considerato terrorista in base alla legislazione di un altro paese, diviene tale anche per la legge tedesca; è stato consentito il prelievo di DNA per le persone arrestate e, sempre in base ad una legge recente, è consentito trattenere in carcere chi ha già scontato la pena se considerato pericoloso. Intensificazione dei controlli anche all'interno dell'università soprattutto nei confronti di studenti musulmani; in occasione di meeting internazionali (G8, WTO e simili) è previsto l'obbligo di firma in modo da evitare l'espatrio di persone considerate a rischio.
In Francia è stata approvata una legge che proibisce agli abitanti delle banlieues di ritrovarsi dinanzi ai palazzi in più di quattro persone. Ci sono 35 nuove carceri in costruzione. In Bretagna a molti prigionieri è stato prelevato il DNA.
In Belgio sono stati intensificati i controlli per le strade.
In Polonia i servizi segreti stanno indagando su chi era tra i Black Block a Genova, diversi compagni sono stati interrogati sulla base di videocassette inviate dall'Italia.
In Repubblica Ceca da poco è stato vietato coprirsi il volto durante le manifestazioni.

Riportiamo di seguito la dichiarazione congiunta dei gruppi presenti all'incontro:
Noi crediamo nell'abolizione del sistema penitenziario in quanto prodotto della società capitalistica, ma non solo, anche nella distruzione del capitalismo e di tutte le autorità.
Crediamo che la lotta contro il sistema di (in)giustizia e contro il capitalismo debba essere internazionale.
Perciò i recenti tentativi dei governi europei (Genova, 11 settembre e le conseguenti leggi antiterrorismo) di criminalizzare il movimento anarchico e la crescente repressione contro i movimenti anticapitalisti devono essere contrastati da tutti i rivoluzionari. Per questo è molto importante rafforzare i contatti e intensificare lo scambio di informazioni.
Noi rispettiamo i vari metodi con cui gli individui resistono alle violenze ed al terrorismo dei governi e sosterremo quelli incarcerati dallo stato.
Noi cerchiamo di sostenere materialmente la lotta di classe e i prigionieri sociali. Ma in generale il nostro supporto è rivolto alla liberazione di tutti i prigionieri.
Confermiamo l'autonomia di ogni gruppo ad agire nelle diverse circostanze delle loro situazioni locali e di decidere essi stessi se partecipare o supportare le campagne internazionali.
Invitiamo tutti a sostenere i prigionieri politici, perché "loro sono dentro per noi, noi siamo fuori per loro".


Saluto per la passeggiata del 1 giugno 2002 davanti al carcere

Saluto con gioia tutte le amiche e gli amici, tutte le compagne e i compagni qui e quelli che non possono essere qui. Non è solo un saluto dalla galera, ma anche un saluto del mio ritorno. Ero contento di tornare perché ci siete voi, e questa gioia era molto più forte del terrore che ci incutono tutte le Ritorno del mondo e chi per loro (Ritorno è la traduzione del cognome della giudice Claudia Wiederkehr, responsabile per il mio caso!). Ma non avevo nostalgia, poiché la nostra casa è in ogni luogo dove della gente e dei popoli si oppongono agli Stati, allo sfruttamento, alla guerra di conquista e di sterminio, alla miseria mortale ed alla crescita della civiltà capitalista e lottano per un ambiente intatto e, dentro di esso, per l'autodeterminazione, la libertà e la giustizia.
Essere una delle ragioni per cui siete qui ovviamente non mi garba troppo, ma mi piace appartenere alla gente come noi che sa quanto siano importanti ed insostituibili le varie lotte per la vitale eliminazione della civiltà capitalista; che sente o è cancerogena ed illimitata fino all'esaurimento di ogni risorsa, anche della vita; che è cosciente che questa civiltà ha bisogno del carcere e lo rende necessario, poiché essa stessa è carcere; che sa che non è possibile eliminare il carcere ed affermare la libertà e la vita senza eliminare questa civiltà del capitale.
Un altro mondo è necessario. Deve consistere di tanti mondi tutti necessari l'uno all'altro e dei quali nessuno può essere impossibile. Noi siamo di questi mondi, dove la gioia di vivere è qui ed ora e dove la propria libertà e dignità esattamente la libertà e dignità di tutti gli altri mondi necessari. Dove non ci sono primi, secondi, terzi ed ultimi. Dove la tenerezza è la forza della vita e della lotta; ma non ha modo d'esistere l'odio, poiché l'odio annienta, divide, acceca e debilita ogni lotta del suo significato. Dove non si sacrifica la gioia di raggiungere l'utopica banalità del possibile nella brodaglia unica consumista del progresso capitalista... Laddove, ove e come sia, si vive e si lotta per questo mondo necessario, fianco a fianco o insieme, con parità, con solidarietà critica, onestà e responsabilità secondo le proprie capacità ed i propri veri bisogni. Dove la pace è giustizia, e non un luogo comune ideologicamente definito dai rapporti dominanti di sfruttamento e di violenza per pacificare e denigrare la lotta di classe e di liberazione dei combattenti. Dove la morte e la sofferenza siano un fatto naturale, e non l'insensato annientamento dell'essere nella ferocia del mercato e della produzione capitalista; o che siano, nella lotta, l'umile coraggio di amare e tener dentro alla vita
Ogni morte, sofferenza e prigionia d'ogni compagna e d'ogni compagno, d'ogni persona e popolo per libertà, giustizia, dignità e ogni vita è la forza crescente ed il crescente dovere dei nostri cuori indignati, sono la forza crescente delle nostre voci, della nostra volontà di resistere.
Onore e gratitudine a tutte le nostre cadute ed ai nostri caduti!

Solidarietà contro ogni persecuzione, discriminazione e prigionia!
Libertà per tutte e tutti!

marco camenisch, carcere di Pfäffikon, fine maggio 2002


La notte di martedì 7 maggio nel carcere di Marassi è scoppiata una rivolta in seguito alla notizia di un suicidio, il secondo nel giro di tre giorni, avvenuto nel centro diagnostico terapeutico. La vittima era un ex paziente psichiatrico incarcerato e lasciato senza alcuna assistenza.
Questa è stata la causa scatenante, ma il clima era già appesantito dalle dure condizioni alle quali erano soggetti i carcerati: in primo luogo il sovraffollamento (i detenuti sono più del doppio di quelli che la struttura potrebbe contenere) ; la presenza di numerosi detenuti anziani e/o malati terminali che non beneficiano delle misure alternative; la recente decisione da parte della direzione penitenziaria di sospendere ogni forma di assistenza medica e la somministrazione dei farmaci, anche i fondamentali "salva vita".
La sera di martedì è scoppiata la rabbia: lenzuola incendiate, lanci di oggetti dalle finestre sulle guardie, bombolette del gas da campeggio incendiate e lanciate (una di queste ha colpito una camionetta nel cortile interno ed è divampato un incendio) , fino all'intervento delle guardie con gli idranti che hanno caricato dentro le celle.
Sabato mattina un gruppo di compagni è stato presente durante l'orario dei colloqui di fronte all'entrata volantinando ed esprimendo la propria solidarietà; parlando con i familiari si è capito che il clima di intimidazione all'interno è molto forte, inducendo i carcerati al silenzio sull'accaduto.
Dopo martedì si è sparsa la notizia che la direzione avrebbe trasferito in altri carceri una settantina di detenuti. La notizia ha fatto riesplodere la rabbia e nuovamente, nella sera di sabato, sono scoppiati disordini all'interno del carcere con nuovi incendi che hanno danneggiato la vettura di una guardia posteggiata nel cortile.
Solamente qualche ora dopo sul carcere regnava un silenzio inquietante.

Abbiamo deciso di esprimere nuovamente la nostra solidarietà alla rivolta indicendo un presidio per venerdì 17 alle 18,00 sotto il carcere di Marassi. Il clima è comprensibilmente teso e per questa iniziativa sarebbe importante la partecipazione di più compagni possibile.

abbracci anarchici

alcune individualità

Questo è il testo di un comunicato inviatoci da alcuni compagni genovesi. Il presidio di cui si parla, si è poi svolto con la partecipazione di circa una cinquantina di compagni. La presenza dei compagni sotto al carcere è stata molto gradita ai detenuti, i quali per farsi sentire dall'esterno hanno cominciato una forte battitura delle sbarre ed hanno incendiato lenzuola e magliette. Per cercare di placare la rabbia dei detenuti e per far cessare la rivolta, nei giorni successivi la direzione del carcere ha concesso a molti di loro misure alternative come gli arresti domiciliari.


Sciopero della fame nella Prigione di Antwerp (Belgio)

Negli ultimi mesi, nelle prigioni del Belgio ci sono state diverse azioni di protesta dei carcerieri. Anche gli stessi prigionieri hanno avviato alcune azioni (rifiuto di entrare nelle celle, ecc.).
Lunedì 10 Giugno, il prigioniero anarchico Geert Waegemans (ora trasferito) ed altri due detenuti nella prigione di Antwerp, Luc Vermeulen ed Erik Hellemans, hanno iniziato a rifiutare il cibo per protestare contro le condizioni di vita nelle prigioni del Belgio e contro il modo in cui le guardie trattano i detenuti.

Le ragioni del nostro sciopero della fame

Per sette settimane i sindacati dei carcerieri hanno imbrogliato tutti, ed in particolare i prigionieri. Hanno fatto credere che il sovraffollamento delle prigioni fosse la causa principale del loro modo di comandare e dei loro scioperi. Durante le negoziazioni con i relativi ministri (di giustizia, della funzione pubblica e del bilancio) la vera natura delle loro richieste è venuta a galla: pensionamento a 55 anni, premi e/o aumento salariale e più personale. Le richieste sono state soddisfatte dopo che i carcerieri hanno trattenuto seicento persone come ostaggi per quattro giorni. Il problema del sovraffollamento era semplicemente un argomento.

I pochi diritti che noi abbiamo come prigionieri sono stati calpestati durante le azioni durate settimane. Perché noi abbiamo alcuni diritti: il diritto alla visita, il diritto allo svago, il diritto ad uno spazio minimo di 12 m² per cella, il diritto all' igiene, il diritto ad un pasto salutare e vario ed il diritto alla difesa. Oltre alla violazione di questi diritti, i prigionieri sono anche stati incitati alla rivolta. Le parole di più di un carceriere non possono essere mal interpretate: "Voi dovete ribellarvi e preferibilmente una volta per bene, perché solo così potremo essere ascoltati ed ottenere ciò che vogliamo da Bruxelles."

Delle persone - la cui colpevolezza per un crimine non è ancora stata provata - sono state usate come un mezzo per la contrattazione. La domanda è: chi sono i criminali in questo caso? Noi non vogliamo interferire con il diritto allo sciopero, un diritto sociale conquistato con la lotta. Ma bisogna riflettere sul modo in cui una persona usa il diritto allo sciopero.
Una battaglia sociale non può essere vinta con mezzi anti-sociali, e tanto meno sulle spalle della gente che, in quanto rinchiusa, non può difendersi.

Qual è dunque il nostro scopo?

Noi vogliamo che il sovraffollamento - la cosiddetta causa delle azioni dei carcerieri - sia inserito nuovamente nell'agenda. Ognuno deve capire che prima di tutto noi siamo esseri umani, che hanno o non hanno commesso un crimine e che dopo una penitenza torneranno nuovamente all'interno della società. Secondo la legge detenzione significa che la punizione consiste solamente nella privazione della libertà. Punizione non significa che noi possiamo essere trattati come cose che uno può trasferire, ammassare e riordinare come desidera. La prigione di Antwerp cade a pezzi. In 600 sono ammucchiati in un posto progettato per 350. Altre prigioni - e particolarmente i penitenziari - devono affrontare lo stesso problema. Da anni esiste in parlamento una legge sul numero dei prigionieri che dà ai direttori delle prigioni il diritto di rifiutare delle persone nei loro istituti o penitenziari quando il limite è stato raggiunto. Questa situazione degradante deve fermarsi!!

Inoltre, c' è bisogno di una politica strutturale nelle prigioni. Un professore in criminologia di Leuven sottopose al governo già diversi anni fa una carta dei diritti - e doveri dei detenuti. In questo momento, i membri del consiglio dei direttori possono emanare delle misure disciplinari a seconda delle loro volontà. Così, si possono limitare le visite attraverso il vetro per sei mesi come misura preventiva, senza che ci siano delle ragioni ben fondate. Non c' è una regola a cui un prigioniero possa fare appello, e le cosiddette azioni offensive non sono scritte da nessuna parte.

Noi rifiutiamo di accettare la moda attuale della società che vuole intraprendere sempre maggiori azioni repressive. La costruzione di più prigioni non è la soluzione. Sostituisce solamente il problema. Dobbiamo riflettere sulle cause del crimine nella nostra opulenta società.

Con il nostro sciopero della fame vogliamo chiedere di trovare perlomeno delle alternative a questi gravi problemi della nostra società.

Conclusione: i ministri responsabili devono assumersi le loro responsabilità, devono trattare i problemi sopra menzionati, e cercare delle soluzioni che non portino ad uno stato di polizia.

Gevangenis van Antwerpen
Begijnenstraat 42
2000 Antwerpen
Belgium


Lo scorso 24 giugno Geert Waegemans è stato condannato a 5 anni di carcere (due dei quali con la condizionale). Questo significa che potrà essere messo in libertà alla fine di quest'anno (poiché è in carcerazione preventiva dall'ottobre 1999), se il magistrato non chiede l'appello nei prossimi 25 giorni o richiede la permanenza in carcere fino a che si celebrino i processi pendenti a carico di Geert (accusato di "associazione criminale" per la sua presunta appartenenza all'ALF e per un attacco ad un'impresa di carni).
Dopo la condanna, Geert ha già subito due trasferimenti, questo è il suo nuovo indirizzo:

Geert Waegemans
Penitentiair Schoolcentrum
Gelmelstraat 131
2320 Hoogstraten


Le attiviste britanniche per la liberazione animale Kate Simpson, Sarah Gibson (che già si trovava in carcere) e Madeline Butler, sono state dichiarate colpevoli di furto ai danni della Roche, una compagnia vincolata a Huntingdon Life Sciences. Sono state condannate ad un anno di carcere.

Per contatti:
Kate Simpson GN8957
HMP Holloway
Parkhurst Road
London N7 0NU
England


Sarah Gisborne HR 4337
HMP Highpoint
Strddishall
Newmarket
Suffolk CB8 9YG
England


Madeline Butler HR4338
HM YOI & Prison
Bullowood Hall
High Road
Hockley
Essex SS5 4TE
England


Tomek Wilkoszewski è stato incarcerato in Polonia nel Marzo del 1996. È stato condannato a 15 anni per omicidio. Secondo l' accusa, mentre si difendeva, insieme ad altri, da un'aggressione di nazi-skin, avrebbe provocato la morte di uno degli aggressori. La condanna (già definitiva) è una delle più pesanti degli ultimi tempi in Polonia. Il giudice ha affermato durante il processo che la sentenza avrebbe dovuto avere "una funzione educativa così per il condannato come per l' intera malavita" per giustificare una pena simile. Il 27 settembre 2000 i suoi sostenitori sono ricorsi in appello, ma la richiesta è stata rigettata per ragioni burocratiche, così come sono sempre state rigettate le istanze di libertà condizionale. In Polonia, Tomek è sostenuto da alcuni gruppi, che adottano metodi molto diversi tra loro (alcuni di questi hanno avviato una campagna di raccolta firme e pensano di richiedere la grazia). Queste informazioni ci giungono dall'ABC di Bialystock. Se volete scrivergli (meglio se in inglese)


Tomasz Wilkoszewski
Zaklad Karny
Ul. Orzechowa 5
98-200 Sieradz
POLAND



DA ARLES…

Quello che segue è il testo di una dichiarazione videoregistrata nel carcere di Arles da alcuni prigionieri francesi

Prima di leggere questa dichiarazione, dobbiamo ricordare che indossiamo dei passamontagna per evitare la personalizzazione di questa azione.
Noi siamo solamente dei prigionieri a lunga condanna come altri. Il messaggio che noi portiamo è quello di migliaia di uomini e donne "senza voce", rinchiusi nelle prigioni della Francia. Inoltre, vogliamo far notare che è per ragioni di sicurezza che noi indossiamo dei passamontagna.
Dovrebbe essere inutile specificare che le autorità della prigione non apprezzeranno la nostra iniziativa e che la repressione che esploderà dopo la trasmissione pubblica di questo documento sarà rilevante.
Le misure di sicurezza che noi prendiamo potrebbero non salvarci da eventuali pene, questa è la ragione per cui abbiamo anticipatamente chiesto alle associazioni e ai cittadini che si occupano della difesa dei diritti umani d'essere vigili per quanto riguarda la prigione di Arles durante i giorni e le settimane seguenti. Questo eviterà che violenze o vari tipi d'abuso avverranno. Naturalmente noi non saremmo stati forzati a compiere un'azione simile se il mondo della prigione non fosse stato questo posto "senza diritti" dove la libertà d'espressione e la libertà di associazione sono negate ai detenuti. È stata la natura antidemocratica della prigione che ci ha portato ad agire in questo modo!
Infine, noi vogliamo qui specificare che l'attrezzatura utilizzata per creare questo report è stata presa senza approvazione di nessuno. Cioè, il detenuto responsabile della lavorazione del video non sa che noi ci siamo appropriati indebitamente dell' attrezzatura menzionata.
L'anno 2000 è stato, tra le altre cose, l'anno della rivelazione pubblica dell'orrore della prigione in Francia. "Una vergogna per la Repubblica", è stato detto da molti. Numerosi problemi sono stati sollevati, denunciati. Dai deputati alla Chiesa a varie associazioni, tutti ebbero l'opportunità di esprimersi in materia con una chiara unanimità. Prendiamo atto di questo. Ma come sempre i diretti interessati non hanno avuto la possibilità di parlare, quelli la cui vita quotidiana è l'infamia della prigione, i prigionieri stessi. La parola non c'è stata data. Mai. Così abbiamo deciso di prenderla, qui ed ora. È specialmente in nome dei prigionieri "a lunga condanna" che noi parliamo, noi, gli esclusi dal sistema, quelli la cui unica prospettiva sono disperazione ed odio. Noi siamo qui di fronte a te per chiedere che giuste e oneste misure siano applicate a noi, che ci sia permesso di credere che noi non siamo stati condannati ad una lenta morte, a delle pene che sono solamente un sostituto della pena di morte. Noi siamo qui per dire ad alta voce che non è nell'interesse di nessuno se ci trasformiamo in "bombe umane", perché verrà il nostro giorno, quello in cui saremo liberati, quello in cui ritorneremo nella società.
Cosa accadrà se nel corso degli anni il sistema carcerario ci ucciderà, ci degraderà, ci ferirà drammaticamente e profondamente? È tempo che questa realtà si fermi, è il momento giusto perché la prigione diventi il soggetto di una rivoluzione culturale che ci permetterà di entrare nel terzo millennio con dignità. Dalle nostre esperienze, nel nome del rispetto della dignità umana e dei diritti inalienabili dell'essere umano, noi chiediamo che il governo francese adotti le seguenti misure:

Dobbiamo smetterla con tutto ciò! Queste sono le misure più urgenti da prendere, siccome noi sentiamo che ogni nuovo giorno è un giorno di vendetta sociale verso di noi e non una misura di giustizia. Ma l'attuale realtà carceraria utilizza varie altre misure che noi vogliamo denunciare e che speriamo di veder cambiare il più presto possibile. Si tratta per esempio dell' impossibilità di avere rapporti sessuali, di avere dei bambini, o semplicemente di avere il diritto alla tenerezza. Tutte queste cose sono tra i diritti fondamentali dell'essere umano. L'estrema restrizione delle Unità di Vita Familiare, che dovrebbero riguardare 3 prigioni al di fuori delle 187 esistenti, è un insulto che ci viene fatto. Siccome numerosi Paesi hanno già fornito le loro prigioni di spazi riservati a visite speciali destinati a relazioni intime, perché la Francia porta avanti un programma simile solo in un modo sperimentale così ristretto? Quanti altri decenni dovremo ancora aspettare prima che questi diritti fondamentali ci siano riconosciuti? Quante altre famiglie e coppie dovranno disgregarsi prima che politici e altri ufficiali agiscano in modo responsabile, o solamente in modo umano?
Un'altra importante preoccupazione: la trasformazione delle prigioni in ospedali psichiatrici non ufficiali. Sempre più prigionieri non hanno nulla da fare in prigione. Il loro stato psicologico è incompatibile con la prigione. Noi chiediamo che loro ricevano un trattamento nei luoghi appropriati. Vogliamo anche denunciare lo scandalo dell'uso di prodotti compensati da droghe nel mondo della prigione. Nella detenzione, pace significa troppo spesso mantenere i detenuti in uno stato di dipendenza da questi prodotti. Alcuni detenuti diventano addirittura dei tossicodipendenti durante la loro detenzione, mentre non lo erano affatto all' epoca del loro arresto. Cosa si deve pensare di un'istituzione che con il denaro pubblico cresce ed incoraggia uomini e donne alla tossicodipendenza?
Noi pretendiamo anche la fine delle misure di censura. La continua violazione della nostra posta, delle nostre visite con i familiari e con gli amici hanno un solo scopo: imporci un auto-censura che ci porta all'alienazione del pensiero e alla scomparsa di sentimenti, ma eventualmente anche alla scomparsa dei legami familiari. Chi potrebbe credere che vogliono riabilitarci, quando l'autorità della prigione non smette mai di separarci dalla famiglia, imprigionandoci a centinaia di chilometri da dove i nostri parenti vivono? Quando invece il funzionamento dell'istituzione porta solamente all'infantilismo e toglie la responsabilità ai detenuti? Come potremmo dimenticare il lavoro in prigione mentre parliamo d'atroci realtà? Perché la legge sul lavoro non è applicata anche ai detenuti? Perché qualche volta i padroni francesi sono più interessati a dare lavoro nelle prigioni francesi piuttosto che muoversi verso Paesi del Terzo Mondo? La risposta è semplice: perché il prigioniero è totalmente assoggettato e alcuni moderni fautori della schiavitù vorrebbero sognare grazie alle condizioni offerte dall'amministrazione della prigione.
È in queste condizioni che suppongono di incoraggiarci alla riabilitazione nella società attraverso il lavoro? E cosa si dovrebbe dire di questi ridicoli salari che non ci permettono di versare completamente le cosiddette cauzioni? Le decisioni della giustizia in questo campo sono cancellate nel nome del profitto. Un'altra ragione per la nostra esasperazione è il disinteresse delle autorità della prigione verso la cultura, l'arte, e verso tutte quelle cose che intrattengono spirito e sensi. Come possiamo evolverci o rievolverci se questa parte cruciale del nostro essere, della nostra potenza creativa, della nostra sensibilità, ci viene negata, se la cultura e l' arte non sono in nostro potere?
Noi vogliamo denunciare qui e con forza le attività negative di una minoranza estremamente attiva del personale di guardia per la quale il detenuto è un nemico che deve essere ucciso. Questi ufficiali rifiutano di rispettare lo spirito delle leggi e rifiutano anche di applicarle. Loro rappresentano un continuo pericolo per l'istituzione in genere, ma ancora più comunemente per la popolazione dei condannati e per i loro stessi colleghi. È il momento giusto per frenare queste persone con l' aiuto di coloro che hanno il compito applicare i testi e di controllare il funzionamento delle prigioni.
Inoltre, vogliamo portare l'attenzione sull'applicazione di una nuova legge, la cosiddetta "presunzione d'innocenza". Noi temiamo che ancora una volta la maggior parte dei magistrati, sovrintendendo i termini e le condizioni delle sentenze, continuino ad applicare i testi in maniera molto restrittiva. Sono passati anni da quando gli astuti termini delle sentenze sono un disastro.
Bisogna finirla. Il tormento che i prigionieri con lunga condanna stanno subendo da parte del gruppo più repressivo della magistratura francese deve cessare. Noi rifiutiamo di continuare ad essere vittime di queste torture. Per terminare quest'incompleta lista, desideriamo far sapere come sia necessario e cruciale che le autorità della prigione tentino di completare la loro missione di supporto alla riabilitazione dei detenuti. È ovvio che noi, i detenuti delle prigioni francesi, non godiamo delle misure che seguono questa linea. Il consenso politico ovviamente non c'è, e i mezzi necessari non si trovano da nessuna parte. Ci appare chiaro di essere sacrificati, di essere condannati ad ulteriori offese.
Noi rifiutiamo di essere usati come capri espiatori per la politica di sicurezza dello Stato.
Certamente, noi appoggiamo tutti i nostri compagni attualmente rinchiusi vivi nelle unità di isolamento, e tutti coloro che stanno subendo l'insopportabile pena della fossa. Forza, coraggio e determinazione a tutti. Saluti e solidarietà anche a tutti i detenuti attualmente rinchiusi in carcere. Le orribili condizioni di vita nelle carceri sono ormai conosciute da tutti. Cambiamenti radicali sono necessari.
Ed infine noi vogliamo mandare un messaggio alla gioventù delle aree suburbane, ai bambini del proletariato e del sottoproletariato, a tutti coloro che appartengono alle classi sacrificate del sistema. Ieri, i vostri genitori ed i vostri nonni, hanno preso parte ad una guerra sanguinosa e sono stati mandati al fronte allo scopo di difendere degli interessi con i quali non avevano nulla a che fare. Oggi, a noi viene offerto il futuro della prigione. Rifiutate questa tragedia, rifiutate questa logica. Diventate consapevoli di tutto ciò prima che sia troppo tardi. Perché le sbarre della prigione si stanno facendo sempre più vicine, sempre più imponenti, mentre i veri criminali, quelli che vivono alle spalle della povertà, della nostra povertà, si abbuffano in tutta la loro arroganza ridendo della nostra miseria, della nostra vita sacrificata.

BALLO NOTTURNO IN SOLIDARIETÀ DEI PRIGIONIERI DI LOOS-LES-LILLE

Nella notte di capodanno del dicembre 2001 un gruppo di persone si è incontrato davanti al carcere di LOOS-LES-LILLE anziché festeggiare l'anno nuovo con lo champagne nel caldo delle loro case. Fuochi artificiali e fumogeni sono stati accesi a un centinaio di metri dal muro di recinzione, degli slogan sono stati urlati e il seguente comunicato è stato letto con dei mezzi rudimentali (megafono):
Un'unica certezza: questo piccolo raggruppamento non è passato inosservato all'interno, particolarmente in una delle ali della prigione. Le grida di risposta dei prigionieri arrivavano fino al piccolo gruppo, che si è disciolto dopo un quarto d'ora. Qui di seguito riproduciamo il comunicato e speriamo che prima o poi arrivi nelle mani dei prigionieri di LOOS-LES-LILLE:

"A tutti i galeotti e a tutte le galeotte. Siamo un gruppo di persone venuto qui per fare del baccano. Noi non dimentichiamo che con o senza pena di morte ufficializzata la prigione uccide. Essa uccide a causa delle lunghe pene, dei bracci di alta sorveglianza, delle celle d'isolamento, della censura, delle perquisizioni corporali, della privazione affettiva, della morte lenta!! Noi siamo venuti per dirvi che tutte le forme di reclusione, in particolare la prigione, ci fanno SCHIFO!! Così come tutti i suoi componenti: i guardioni secondini, l'amministrazione penitenziaria, i giudici e gli sbirri. Noi ci teniamo a manifestare la nostra solidarietà, particolarmente in questo periodo di feste dove la maggior parte della gente si abbandona all'indifferenza, e noi ci teniamo a rispondere alle chiamate dei vari collettivi di prigionieri in lotta dai centri di reclusione di differenti parti di Francia: Arles - Lannemezan - Ensisheim - Frenes - Salon etc etc… Al problema del carcere i politici rispondono lanciando un programma di costruzione di alcune dozzine di nuove galere. I giudici dal canto loro rispondono allungando le condanne e rifiutando benefici e alternative alla reclusione. All'interno del carcere voi vi state distruggendo (vi stanno distruggendo) ma anche "FUORI" tutto ciò che dirige le nostre vite è repressione. Noi vediamo il problema del carcere in modo differente: finché ci saranno delle leggi rifiuteremo di rispettarle, finché ci saranno dei galeotti noi saremo al loro fianco!!
In culo alle galere!! A presto!!

TRATTO DA ABC DIJON CEDEX
Gennaio 2002


… MA NON SANNO CHE ABBIAMO ANCHE LE ALI

Il 7 giugno mi sgamarono a fare una scritta sul comune di Bergamo: "Vivisezione antiscientifica - no al Mario Negri - predazione di orgA…" peraltro non finita, dovevo terminare con "orgAni: omicidio di stato". Buttai la bomboletta spray a terra, ma la trovarono. Mi portarono in questura.
Il 4 luglio fu incendiato un ripetitore televisivo in Maresana (BG), sul luogo una scritta "Contro ogni nocività no alla Telecom - A".
La mattina del 17 luglio, alle 6.30, sento suonare alla porta: DIGOS con mandato di perquisizione per i reati di incendio doloso di ripetitori televisivi, porto illecito in luoghi pubblici di esplosivi e fabbricazione di esplosivi. Erano in 4 o 5, fecero una perquisa in camera mia molto sommaria, prendendo cose un po' a caso senza guardare dappertutto. Mi sequestrarono vario materiale anarchico: volantini, riviste, fanzines, una bomboletta vuota, agenda telefonica, 4 bulloni. Andai in questura con loro, per quattro ore mi continuarono a porre domande sulla mia attività anarchica, se ero intenzionata ad andare a Genova contro i G8, sul materiale sequestrato e se sapevo qualcosa dell'attentato al traliccio. C'era "il buono" che continuava a ripetere che ero giovane, una ragazza, che non dovevo rovinarmi la vita, che se sapevo qualcosa dovevo confessare. Poi c'era "il cattivo" che con i bulloni in mano e tono sprezzante affermava che per me era finita e con quei bulloni a momenti arrivava la decisione di portarmi direttamente in carcere, che quindi dovevo confessare che ero stata io se no era solo peggio. Io ovviamente non risposi a nessuna domanda, dicendo che volevo chiamare l'avvocato. Ma alla mia richiesta mi sentii dire che "non potevo"! Mi avrebbero fatto chiamare l'avvocato solo se avessi deciso di collaborare e parlare la mattina stessa con il GIP. Rifiutai, ma loro insistevano che dovevo subito parlare con il GIP. Mi dissero che dovevano farmi le foto segnaletiche e prendere le impronte e io continuavo a ripetere di voler telefonare all'avvocato. Arrivarono a dirmi che se parlavo subito col GIP non mi avrebbero fatte né foto né impronte. Io replicai che allora "per legge" non avevano il diritto di farmele ma loro affermavano che in questi casi la decisione spetta a loro e che se non mi decidevo a parlare me le avrebbero fatte anche contro la mia volontà. Me le fecero, foto e impronte. In più affermavano che fin quando non parlavo non mi avrebbero lasciato andare.
Credo stufi di sentirsi ripetere che era un mio diritto chiamare un legale mi portarono all'ufficio (credo) del capo della DIGOS, che incominciò pure lui a farmi il 3° grado con toni patetici e paterni, concludendo dicendo: "Sai di dove sono? Di Carrara, so come vanno certe cose", della serie "tra compagni"… Subito dopo mi fece chiamare l'avvocato e alle 12.30 potei finalmente uscire.
Il 22 ottobre mi misero agli arresti domiciliari fissandomi l'interrogatorio per il 25 a cui decisi di rispondere. Il ricorso al Tribunale della Libertà di Brescia fu respinto. Tutt'ora mi trovo ancora agli arresti domiciliari. Sono accusata dell'attentato al traliccio in base ai "gravi indizi di colpevolezza" che in realtà sono solo montature assurde: la bomboletta che mi avevano trovato la notte della scritta è risultata uguale a quella rinvenuta sul luogo del traliccio dopo l'attentato, tre dei quattro bulloni trovati a casa mia sono uguali a quelli trovati nella seconda ispezione al traliccio (oh, che caso! Chissà perché non li han trovati nella prima…), e poi ovviamente il mio essere anarchica.
Sono stata definita "ingenua, pericolosa, incline a compiere reati criminosi", valutazioni dovute anche al "mio comportamento temerario" con la DIGOS… In base a queste ultime valutazioni mi han negato di ricorrere alla condizionale in caso di condanna. Il processo sarà verso fine marzo-aprile. Cosa dire… il tutto è assurdo, ha una logica solo nelle loro teste.
Tanto per la cronaca: il PM è Enrico Pavone, la GIP Rita Caccamo, la stessa di un altro ragazzo di Bergamo, Giorgio, che è stato condannato a circa 2 anni con la condizionale per aver segato un traliccio, ovviamente sempre su prove infondate, fasulle e montatura. Ennesimi esempi di repressione che colpisce anarchiche/i, queste volte indirizzata ai più giovani per intimorirli. Beh… non ci avranno mai! Nei momenti peggiori mi ha aiutato sapere che non sono sola, mi ha aiutato certa musica e l'amore per la terra, per ogni essere vivente (eccetto l'uomo), l'odio verso chi sfrutta e opprime, verso l'indifferenza, verso ogni potere, verso una società che sento estranea.
La rabbia che come un fuoco arde e cresce dentro me non mi acceca, mi dà la forza di continuare. Continuare per tutti quegli animali che ogni giorno muoiono vivisezionati o per colpa di chi vuole ancora cibarsi di essi, per tutte quelle popolazioni che vengono sfruttate per produrre per i bisogni superflui, consumistici ed indotti, per tutti quegli alberi abbattuti per costruire una strada, per tutti quegli individui rinchiusi in manicomi, istituti, carceri che hanno pagato con la vita o stan pagando tuttora l'essere diversi o il non abbassare la testa.
Contro l'indifferenza, contro ogni lotta riformista, contro l'apatia: riprenditi la vita e lotta contro chi nega l'esistenza!
Pensano che basti spezzarci le gambe ma non sanno che abbiamo anche le ali!
SILVIA

P.S. Il silenzio e l'esser soli credo che uccida molto più che delle sbarre; è per questo che ritengo fondamentale ricordare sempre tutte/i coloro che sono rinchiuse/i nelle carceri e far sentire la loro voce, per far sì che la loro lotta prosegua nella nostra!

La prima udienza del processo si è tenuta il 3 giugno presso il Tribunale di Bergamo; mentre una settantina di compagni all'esterno mostravano a Silvia la loro solidarietà, la compagna veniva processata col rito abbreviato e condannata a tre anni di reclusione.
Anche se a Silvia sono stati revocati gli arresti domiciliari e potrà aspettare il processo d'appello senza restrizioni cautelative, il dato rilevante è che Silvia è stata condannata sulla base di tre bulloni e una comunissima bomboletta spray rinvenuti nella sua abitazione.

Apprendiamo dal "Eco di Bergamo" che nella notte del 3 Giugno a Caprino (BG): "... gli uomini dell'Arma hanno accertato che gli attentatori incendiari, facendo uso di benzina portata sul posto con alcune bottiglie di plastica abbandonate poi tra gli stessi ripetitori, avevano danneggiato i cavi di trasmissione di quattro reti televisive: La 7, Mtv, Telemarket e Rete 8; oltre a tre canali radio: Radio 24, Radio Italia e Radio Lombardia. Non solo. Gli ignoti ecoteppisti avevano anche gettato benzina o comunque liquido infiammabile all'interno di quattro cabine danneggiando la strumentazione elettronica. Infine, sul muro di una delle cabine prese di mira, gli investigatori hanno rilevato anche la firma degli ecoterroristi: "Lotta a tutte le nocività", seguita dalla "A" anarchica... "
ECOTERRORISTA È CHI AVVELENA LA NOSTRA VITA!


EUROPOL

L'incubo del controllo totale dell'individuo, narrato in 1984 di Gorge Orwell, sta diventando realtà ai giorni nostri. Se qualcuno pensa che tale affermazione è catastrofica o esagerata, forse, non è perfettamente informato di tutto quello che l'U.E. ci sta preparando nel nome della sicurezza sociale, della difesa del territorio e della salvaguardia della democrazia. Dietro queste tre false icone da difendere ad ogni costo (economico ed umano), altro non c'è che l'intento di difendere il potere politico ed economico degli Stati e dei padroni della Terra (le multinazionali e la piccola ma potente classe ricca della società), dalle minacce vecchie e nuove che si trovano ad affrontare.
La parola d'ordine più usata per legittimare il notevole incremento del controllo e della repressione sociale, è la "lotta contro il terrorismo", in realtà, le minacce e i nemici dai quali i potenti intendono difendersi e combattere, sono molti di più di quelli che loro definiscono "terroristi" e, loro lo sanno, perché al di là di tutte le false, ma rassicuranti, previsioni ottimiste sull'andamento sociale ed economico della popolazione europea, la situazione reale è pessima ed è destinata a peggiorare.
Attualmente, in Europa, ci sono 50 milioni di poveri. 12 milioni di disoccupati. Un'alta percentuale di lavoratori precari, soprattutto grazie all'avvento delle agenzie di lavoro interinale. Nell'Unione europea, gli incidenti sul lavoro provocano, in media, 25 morti al giorno. Nel 2001 c'è stato un altissimo numero di licenziati; solo in Germania si sono contati 500.000 licenziamenti sia dei lavoratori delle multinazionali (Ericsson, la Philips, la Siemens, la Electrolux, la Deutschbank) che delle piccole e medie imprese. Molti altri licenziamenti sono già stati annunciati dalle multinazionali su tutto il territorio dell'U.E.
Un notevole incremento, invece, si registra nella popolazione carceraria di gran parte dei paesi europei. 400.000 sono le persone sequestrate nelle carceri dell'unione. "I sequestrati per aver attentato 'all'ordine socio-economico' per procurarsi mezzi economici, così come i reati vincolati alla dipendenza di droga, sono la norma comune, come comune è l'aumento della popolazione immigrante prigioniera. Nell'Europa dei "diritti umani", dove il destino della dissidenza e della povertà è il carcere, due prigionieri si uccidono ogni giorno." Oltre a questi, vanno aggiunti tutti gli extracomunitari sequestrati nei centri di permanenza temporanea. (i dati sopra riportati e l'ultima citazione, sono stati tratti dal mensile basco Kalegorria).
Alla luce di questi dati, si evince che i perturbatori della pacificazione sociale, i nemici effettivi e potenziali del regime democratico sono molti di più di quelli che i governanti, definendoli terroristi, indicano nei gruppi rivoluzionari e poiché con l'eventuale aumento di queste cifre, cresce anche il pericolo di destabilizzazione degli stati, questi ricorrono ai rimedi storicamente utilizzati per mantenere il potere, primo fra tutti: l'ampliamento del controllo ("prevenzione") a tutte le fasce sociali considerate "a rischio" e l'incremento della repressione nei confronti dei ribelli e dei dissidenti ("terroristi").
A tale scopo, nel 1995, nacque l'Europol, ossia il raggruppamento di vari organi di polizia degli stati europei allo scopo di instaurare un controllo capillare su tutto il territorio attraverso l'uso di una tecnologia avanzata e di condurre indagini congiunte e arresti, senza limiti di giurisdizione attraverso il raggiungimento di una legislazione comune.
Uno dei primi documenti ufficiali partoriti dall'Europol, il cui presidente è l'eurocommissario tedesco Storbeck, è il "Documento Madrid", dove si presta una particolare attenzione ai movimenti anarchici della Spagna, Italia, Portogallo e Grecia, arrivando addirittura a parlare di "terrorismo anarchico" (ad ogni occorrenza, i servi-giornalisti preferiscono sciorinare il "triangolo terrorista del mediterraneo"). Fra le misure repressive che l'europol intende adottare per la "lotta al terrorismo" e, quindi, contro qualsiasi dissidente e ribelle, vi è la creazione di un database che contenga ogni sorta di informazione (codici genetici compresi) circa gli individui "pericolosi" o "sospetti" segnalati da ogni paese membro dell'U.E. e la disposizione di un fondo per dare ricompense ed "incentivi" economici a chiunque fornisca informazioni sui "terroristi". La sede per la raccolta dei dati, sarà nella stessa dell'europol, in Olanda, e si chiamerà "CENTRO DI CONTROLLO E INVESTIGAZIONE TECNOLOGICA, che si avvarrà anche del SIS (Sistema Informatico Schengen) creato all'interno del patto di Schengen nel 1990, per il controllo delle frontiere e la repressione dell'immigrazione clandestina. Il SIS, è il grande fratello europeo, un superarchivio informatico con una capacità di memorizzazione e gestione di schedari di polizia su cinque milioni e mezzo di individui. Al SIS, si aggiunge il "SIRENE", (Supplementary Information Request at the National Entry) che gestisce i dati sulla "criminalità internazionale organizzata", nella quale sono stati inclusi i dati degli attivisti antiglobalizzazione. Il SIS TECH, poi, sarà il sistema che faciliterà lo scambio dati fra il SIS e gli agenti di polizia addetti al controllo delle frontiere o delle città.
Ovviamente, non è stato tralasciato l'aspetto del controllo delle telecomunicazioni, che è stato affidato all'ENFOPOL, sistema d'intercettazione che si avvale della collaborazione di tutti i massimi operatori del settore della telefonia europea. Essi, dovranno fornire all'Enfopol, l'accesso totale alle comunicazioni e ai dati dei propri clienti, senza la necessità di un'autorizzazione di un giudice. Per quello che riguarda internet, i providers, apriranno una "porta" virtuale affinché l'Enfopol possa penetrare nei sistemi privati.
Nel mirino dell'Europol, come abbiamo visto, oltre al "terrorismo", l'ordine pubblico e la criminalità, c'è il controllo dell'immigrazione, tasto dolente di tutti i paesi europei, che stanno mettendo a punto un piano di politiche comuni per la gestione delle frontiere e per le concessioni di permessi di soggiorno e asili politici.
Il consiglio dei Ministri di Giustizia e degli Interni, ha proposto un documento d'identificazione speciale per tutti gli immigrati che risulti impossibile falsificare grazie al controllo della retina e la creazione di un ulteriore database che schederà tutte le persone che fanno richiesta di asilo politico in qualsiasi paese comunitario: EURODAC. Riguardo al mandato di cattura europeo, entrerà in vigore agli inizi del 2003 per il Belgio, Spagna, Germania, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Regno unito, mentre gli altri paesi dovranno adattare la loro costituzione per unirsi a questo gruppo, entro il 2004.
L'Europol, però, è "solo" una parte, sebbene importante, di una più complessa struttura repressiva europea. La massima autorità repressiva nella coordinazione delle operazioni di polizia che, fra le altre cose, supervisiona l'Europol è il CATS 36, che riunisce periodicamente gli alti funzionari degli stati membri, definendo le linee maestre di una repressione pianificata. Altre sigle dai nomi minacciosi o misteriosi, si aggiungono a questo panorama Orwelliano, poiché, come dicevamo prima, bisogna fare fronte alle minacce crescenti del malessere sociale e della dissidenza: CEPOL (scuola europea di polizia), Rete Europea per la Prevenzione della Delinquenza, Gruppo Orizzontale Droghe, SCIFA (comitato strategico asilo, immigrazione e frontiere), ecc… poi, arriverà l'Euroesercito, al quale già varie volte si è fatto menzione, a coronamento del progetto nazista dell'Europa Unita nel segno del mercato e della repressione globale. In fondo, Hitler era l'avanguardia, di fronte a tutto ciò piangerebbe lacrime di commozione.


"Oh! mille volte infelice d'esser privato della tua presenza!"
(Romeo a Giulietta)

"Addio, addio; e in quest'addio è infusa tanta dolcezza, che lo ripeterei finché il mattino ne venisse a sorprendere."
(Giulietta a Romeo)

Nella penisola iberica, già dal 1990, è stato introdotto nel regolamento penitenziario il "Vis-a-vis", ossia, il colloquio intimo fra il/la prigioniero/a e il/la proprio/a compagno/a. In quegli anni, lo stato spagnolo, smantellò vecchie strutture carcerarie per costruirne di nuove. Carceri lontani dai centri abitati, in aperte campagne o su colline, dove non ci sono abitazioni nel raggio di svariati chilometri e che, molto spesso, sono raggiungibili solo con mezzi propri o taxi, i cui conducenti, scoprono a loro vantaggio quanti familiari necessitano di tale servizio.
Oltre a costruire queste strutture orribili con l'intento di scongiurare ardimentose e fantasiose evasioni, dotandole dalle più avanzate tecnologie di controllo al classico filo spinato, costruirono dei padiglioni per destinarli ai colloqui intimi o familiari, cioè con genitori, figli ecc. I colloqui si tengono in vere e proprie celle (con stanza da bagno), nelle quali il prigioniero e i suoi familiari vengono rinchiusi durante tutta la durata del colloquio (in genere 3 ore al mese, il colloquio settimanale dura tre quarti d'ora e si svolge attraverso il cristallo, sia per i prigionieri "comuni" che per gli "speciali"). La cella per il colloquio familiare, è dotata di un tavolo con sedie, mentre quella per il colloquio intimo è arredata con un letto e un comodino dove si possono trovare dei preservativi, gentilmente offerti dalla direzione carceraria.
Nelle carceri italiane, per chi non lo sapesse, i colloqui avvengono in tutt'altro modo. Essi si svolgono in una camerata (sala colloqui) attraversata in lungo da un tavolo al quale, da un lato si siedono i prigionieri (10/15 per volta) e dall'altro i familiari; spesso la sala colloqui è così affollata che si fa fatica a sentirsi. Il "tavolo" al quale ci si siede, non ha piedi, ma un divisorio metallico, sopra e per tutta la sua lunghezza, (ma non in tutte le prigioni), c'è un mezzo vetro che funge da ulteriore separazione. In ogni sala colloqui c' è la guardiola del carceriere che controlla il "regolare" svolgimento dei colloqui, non è raro che costui "richiami all'ordine" se, a suo insindacabile giudizio, ci si sbaciucchia troppo… Ogni prigioniero ha diritto a sei colloqui mensili di un'ora l'uno, ma per quelli sottoposti al regime del 41/bis il numero dei colloqui mensili va dai due ai quattro, a seconda del grado di "pericolosità" nel quale viene classificato il prigioniero.
Sia in Spagna sia in Italia, i familiari sono sottoposti a controlli prima di avere un colloquio, tutti devono passare per un metal detektor e, "a caso", qualcuno subisce una perquisizione fisica con tanto di guanti, bambini compresi. Ai prigionieri delle carceri spagnole, oltre ad essere perquisiti prima e dopo il colloquio, vengono prese le impronte digitali prima del rientro in cella, per timore di uno scambio di persona (?!).
In "Dei dolori e delle pene" di Guagliardo, prigioniero nel carcere di Opera da più di 20 anni e condannato all'ergastolo, così come sua moglie, si affronta il tema della sessualità e degli affetti (negati) dei prigionieri e, riferendosi ai colloqui intimi, scrive: "Così, la vita affettiva diventa spesso uno spazio confinato nel disprezzo e nel consumo del sesso, qualcosa di umiliato piuttosto che il residuo di una resistenza preziosa." Leggendo questa frase, mi è tornato in mente, dandogli un maggiore significato, il racconto di una donna che confessava a suo marito: "ogni volta che abbiamo un vis-a-vis, mi sento come una prostituta…"; così lei, con parole meno ortodosse e da un punto di vista femminile, (ovviamente, ogni donna vive l'esperienza del vis con uno spirito diverso) comunicava il disagio di vivere la sua sessualità regolata da una norma penitenziaria e da un tempo definito: una volta al mese- tre ore di tempo. Ad ogni modo, Guagliardo definisce "più civili" i paesi in cui il regolamento carcerario concede ai detenuti "il diritto alla sessualità", rispetto all'Italia dove: "gli affetti sono esclusivamente legati all'uscita dal carcere attraverso le licenze premio: questione ignorata in quanto tale e implicitamente subordinata alla liberazione individuale, gli affetti diventano così l'oggetto di una politica di prostituzione dei sentimenti che trasforma le persone amate in premi." Personalmente, mi riesce sempre difficile ragionare in base ad una logica del "meno peggio", quando si parla di carcere, mi sembra un po' come dover "scegliere" fra il prendersi una coltellata o una pistolettata… ma un "meno peggio" oggettivo esiste, altrimenti si potrebbe affermare, senza esitazioni, che essere prigionieri a Guantanamo è la stessa cosa che esserlo a Regina Coeli (ad esempio). Quindi, mettendo a confronto le due diverse modalità di colloquio, appare evidente che trascorrere le poche ore mensili con i propri cari all'interno di una cella che, almeno, concede un minimo d'intimità ai propri affetti e una breve sensazione di tregua al pressante stato di prigionia, sia "preferibile" al trascorrerle in una sala colloquio sotto lo sgradevole e invadente sguardo vigile di un carceriere.
Qualche tempo fa, l'allora Ministro della giustizia Diliberto, propose di introdurre il colloquio intimo nel regolamento penitenziario italiano, ma a simile proposta si alzò un coro di no da destra e a manca. I primi a sbraitare furono i direttori carcerari e i secondini che non volevano, dissero, accollarsi un ulteriore onere; a loro si aggiunsero quasi tutti gli operatori del settore fino all'ultimo dei "cittadini italiani onesti", il quale pensa che sia già tanto concedere ai prigionieri la televisione in cella. Perciò, ai prigionieri italiani non è concesso il "diritto al sesso", ma proprio nel periodo in cui si discuteva di tale possibilità, fu introdotta una norma penitenziaria, esibita da stampa e televisione come "innovativa" e come "segno di sensibilità" nei confronti dei prigionieri, ossia: il permesso di tenere in cella un animale, nella fattispecie: un uccellino… in gabbia!
Tornando ai due metodi di colloquio, il vis- a-vis iberico e la sala colloqui italiana, è importante evidenziare qual è il principio che si trova alla base e che regola entrambi i tipi di colloquio: il dominio totale del prigioniero da parte dell'istituzione carceraria che dispone, in un modo o nell'altro, delle sue funzioni fisiche e psichiche, anche (soprattutto) attraverso il controllo del rapporto uomo-donna e dei suoi affetti, nel tentativo di disgregare i legami d'amore ai quali ogni prigioniero si aggrappa o, per lo meno, tenta di difenderli per sopravvivere all'ambiente carcerario. Il sesso, l'amore, gli affetti, l'amicizia, i rapporti con i genitori e i propri figli, sono fattori importantissimi nella vita d'ogni individuo, elementi vitali sui quali si fonda e si sviluppa la propria personalità, ma nell'individuo prigioniero, questi elementi oltre a trasformarsi in armi di ricatto per se stesso e i suoi familiari, sono costantemente minati dal sistema carcerario, il cui obiettivo va ben oltre la reclusione del corpo, esso mira alla distruzione della personalità del prigioniero, l'eliminazione d'ogni individuo non conforme al sistema sociale, statale ed economico.
Questo è il vero scopo di tutte le prigioni al mondo.


Abbiamo tradotto dall'opuscolo della CNA di Madrid, un articolo che spiega le tappe e i problemi che comporta, nel suo protrarsi, lo sciopero della fame. Abbiamo pensato che fosse interessante diffonderlo, e partire da ciò per affrontare il tema delle lotte dentro il carcere.
Per più di un anno sono continuati gli scioperi della fame ad oltranza in Turchia contro le celle F (d'isolamento), attualmente lo sciopero viene portato avanti solo dagli appartenenti al DHKPC. I morti superano il centinaio, ma nessun risultato è stato ottenuto, nessun "miglioramento" della vita dei carcerati. Questa constatazione ci ha fatto riflettere sulla difficoltà di lottare all'interno di un'istituzione totale e, di conseguenza, sulla necessità che queste lotte siano sostenute dall'esterno per dargli risonanza e sostegno.


SCIOPERO DELLA FAME: EVOLUZIONI E TAPPE
Premessa: le reazioni fisiche possono leggermente variare da un individuo all'altro

1° SETTIMANA

DEBILITAZONE
NAUSEE
LIPOTIMIE
SENSAZIONI DOLOROSE DELLO STOMACO

2° SETTIMANA

3° SETTIMANA

ABBASSAMENTO DELLA VISTA
AMENORREA NELLE DONNE
MANCANZA DI CONCENTRAZIONE
PERDITA DI PESO (5-6 K /SETTIMANA)

4° SETTIMANA

ARITMIE
TACHICARDIE
PERDITA DI MASSA MUSCOLARE
ULCERAZIONE DEL TUBO DIGERENTE

5° SETTIMANA

6° SETTIMANA


7° SETTIMANA

Queste condizioni possono portare ad una situazione terminale in qualsiasi momento, una volta che la persona è entrata in una fase di deterioramento progressivo delle funzioni vitali dell'organismo.

ATTIVITÀ RESPIRATORIA SCARSA
FUNZIONE RENALE ALTERATA
INSUFFICIENZA CARDIACA…
… MORTE.

GRUPPI OPERATIVI MOBILI

Nella Gazzetta del Mezzogiorno di oggi, 29 aprile, viene data notizia di un documento, classificato "riservato", del Ministero della Giustizia: "... poche righe per annunciare che nei prossimi giorni nel supercarcere di Trani piomberanno le teste di cuoio della polizia penitenziaria. Un nucleo di 50 uomini del GOM, esperti dell'antiterrorismo, al centro di polemiche durante i disordini di Genova... Sarebbe infatti in partenza da Roma per il carcere del nord barese come rinforzo al personale di vigilanza. I reparti speciali dovrebbero essere destinati soprattutto alla sezione destinata ai terroristi... la decisione è stata presa nelle ultime ore, dopo un incontro tenutosi mercoledì a Roma al Ministero della Giustizia. Secondo alcune indiscrezioni, però, il Min. Castelli starebbe per dettare nuove regole per i brigatisti detenuti, in cima alla priorità ci sarebbe la riduzione dei benefici... L'intervento dei reparti speciali della polizia penitenziaria, dunque, farebbe parte di un pacchetto di misure che comunque ha fatto già scattare l'«allarme rosso» nelle strutture penitenziarie a rischio".
Fin qui la Gazzetta del Mezzogiorno, unico giornale a nostra conoscenza che abbia riportato la notizia, notizia che consideriamo estremamente inquietante, dato che proprio i cobas di Taranto hanno conosciuto in occasione delle manifestazioni di Genova il ruolo svolto da questo famigerato reparto nella caserma di Bolzaneto, e dato, inoltre, che il responsabile della polizia penitenziaria del carcere di Taranto è uno degli inquisiti a Genova, come facente parte dei GOM, appunto per i fatti suddetti.
Per questo riteniamo giusto che tutta l'opinione pubblica sia a conoscenza di questa notizia.

GOM: POLIZIA SEGRETA?

A Genova c'erano i GOM, Gruppi Mobili Operativi. Operativi perché operano con metodi di sintesi tra il cileno ed il KGB, mobili perché, pare non siano un corpo stabile ma, di volta in volta, viene 'pescato' dalla Polizia Penitenziaria. Quest'ultima è l'ex corpo delle guardie carcerarie trasformatasi nel 1999 con la benedizione e la solerzia dell'allora Ministro della Giustizia (dis)on. Oliviero Diliberto che ne emanò il regolamento nel febbraio 1999 con cui il Gom assunse le funzioni del soppresso Servizio Coordinamento Operativo Polizia Penitenziaria (Scopp). Inoltre in quello stesso periodo archiviò tutti i procedimenti disciplinari a loro carico (che non erano pochi) per vetustà delle leggi (sic!).

Ma l'istituzione 'vera' dei GOM non nasce con una legge bensì con un oscuro provvedimento del maggio 1997 del Direttore generale del Dap (Dipartimento dell' Amministrazione Penitenziaria), tale Michele Coiro (fautore e sostenitore del braccialetto elettronico, nonché PM per la strage di Ustica ed aderente a Magistratura democratica, morto nel giugno 1997).
Da più parti in sede istituzionale si levarono voci di denuncia ed allarme su questa nuova 'struttura'. Particolarmente dopo gli orrendi episodi di violenza nelle carceri di Sassari, all'Opera di Milano, Parma e Secondigliano. Emerse infatti una pericolosa questione: non era dato sapere, né allo Stato (forse) né all'opinione pubblica chi fossero i funzionari responsabili della loro attività, da chi prendessero ordini o come venissero utilizzati. Pisapia denunciava al parlamento: "La polizia penitenziaria dipende dal ministero di Grazia e Giustizia. Io sono stato per più di due anni presidente della commissione parlamentare Giustizia e dell'esistenza di questo gruppo non ho mai saputo niente. Si sa solo che è stato istituito nel '94 con un decreto dell'amministrazione penitenziaria." "Questi agenti vengono selezionati in base alle attitudini e anche al profilo ideologico, per tre volte ho presentato interrogazioni sull'attività del Gom e i governi del centrosinistra non mi hanno mai risposto". Ma per l'efferatezza al carcere 'Opera' di Milano il parlamentare chiedeva solo che "ai detenuti arrivino le scuse della direzione generale e del ministero. E che abbiano il risarcimento danni". Russo Spena sottolineava che il Gom "è un gruppo trasversale, di cui non sono chiari i compiti e le responsabilità". A maggio 2000 rincarava la dose: "non si può fare a meno di osservare come esista una coincidenza quanto meno temporale fra l'avvicendamento al vertice del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria e la formazione di gruppi di natura incerta formati da appartenenti alla polizia penitenziaria, la opacità della cui nascita e funzioni non sono certamente compatibili con i principi di democrazia che presiedono al funzionamento delle istituzioni." Chiedeva la soppressione del Gom anche Fabrizio Rossetti, segretario del sindacato Cgil della polizia penitenziaria. "Le operazioni del Gom sono difficilmente riconducibili a un centro di responsabilità controllabile e ciò può aver favorito comportamenti e modalità operative al di fuori delle regole". Salvo immediatamente dopo nel marzo 2000 come responsabile FP CGIL chiedeva di inserire anche la Polizia Penitenziaria nel processo di riordino delle carriere di omogeneità a quanto approvato dalla Camera per Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Corpo Forestale dello Stato.

Anche esponenti della lega e di AN (!) in quelle circostanze tuonarono contro questa formazione.

Il Gruppo Operativo Mobile, circa 600 uomini, attualmente viene impiegato al mantenimento dell'ordine e della disciplina negli istituti penitenziari, con priorità di intervento in occasione di rivolta o di altre gravi situazioni di turbamento. Assicura la sicurezza delle traduzioni concernenti i detenuti ad elevato indice di pericolosità (traducasi picchiare, come a Genova).

Inoltre ad essi viene assegnata una funzione borderline con l'antimafia, connessa alla secretazione dei collaboratori di giustizia, cioè protezione e cambio di identità (funzione più da intelligence che di custodia o traduzioni. Un'accusa rivolta da più parti al Gom è quella di aver agito in più di un'occasione come una sorta di servizio segreto, ascoltando e registrando le conversazioni tra i legali ed i loro clienti detenuti malgrado la legge lo vieti espressamente.

Compito del Gom è "gestire" i detenuti più difficili e pericolosi, mafiosi, pentiti e carcerati soggetti al regime duro dell'articolo 41 bis. Sono loro a perquisire le celle o a svolgere le altre operazioni che non vengono affidate ai normali agenti di custodia, a volte perché questi ultimi hanno familiarità con i detenuti e potrebbero essere troppo teneri, a volte perché si teme che possano esporsi a rappresaglie. Quelli del Gom non temono nessuno: oggi sono qui e domani là...

Inoltre, sempre nel 1999, viene istituiti l'UGAP (Ufficio per la garanzia penitenziaria) che "opera alle dirette dipendenze del Direttore Generale dell'Amministrazione Penitenziaria ed è diretto da un funzionario avente qualifica di Dirigente Generale dell'Amministrazione penitenziaria ovvero di Ufficiale generale del ruolo ad esaurimento del disciolto Corpo degli agenti di custodia a essa equiparato". A detto Ufficio vengono inoltre attribuite competenze sui funzionari - COMSEC - sicurezza nelle comunicazioni - ed E.A.D. - Sicurezza nella trattazione informatizzata dei dati - .

All'UGAP infine compete il coordinamento delle attività istituzionali demandate al GOM (n.d.r: ma quali sono esattamente?) e delle funzioni di polizia giudiziaria nelle indagini per reati connessi all'attività di istituto del Corpo di polizia penitenziaria (n.d.r.: tutto in famiglia). Resta da capire come e perché si trovassero a Genova, per sedare quale rivolta ed in quale carcere e per quali detenuti o se gli siano state attribuite precise funzioni di ordine pubblico (da chi? perché? E come?). Alla luce di queste poche ma sudate informazioni e sicuramente incomplete c'è da prendere atto che siamo in presenza di un grafico inquietante: è stata voluta questa confusione o è stata frutto di un errore di gestione che ora si trova pericolosamente (forse) in mano della destra? Sicuramente suona come una macabra coincidenza l'utilizzo del termine GOM con quello dei GMO (Gruppo Mobile Operativo) formazione partigiana piemontese, composta perlopiù da commissari politici, così come ugualmente suonò male l'istituzione della celere di Scelba, col silenzio-assenso dei comunisti anch'essa con il nome pescato da un'altra formazione partigiana piemontese, il Gruppo Celere 'Aldo Bosio'. Molti comunisti, si sa, si credono furbi, (lo abbiamo visto in questi 5 anni di governo): salvo poi scontare e far pagare agli altri le proprie scelleratezze.

L'inquietante storia, tutta durante il governo di 'sinistra', dell'azione dei GOM...

1998: perquisizione del Gruppo operativo mobile nel carcere di Opera (Mi). Nel 1998, 15 agenti GOM entrano nel carcere milanese di Opera per effettuare una perquisizione straordinaria. Cento detenuti fatti spogliare, qualcuno anche tre volte, costretti - compresi anziani e cardiopatici - a far flessioni e ad aspettare seminudi dalle 9,30 alle 13 in cortile, chi in accappatoio, chi scalzo, mentre le celle venivano perquisite dove, come un uragano venivano tagliati cuscini e lenzuola, tagliate in due le scarpe, stracciati i libri scolastici, sequestrate radio, pentole regolarmente acquistate in carcere e autorizzate dalla direzione. Ad un ergastolano che da dieci anni raccoglieva francobolli venne distrutta la collezione, ad altri stracciate le foto dei familiari, ad un altro strappato perfino il poster di Ronaldo. Alcuni agenti di Opera erano sconcertati, ed hanno raccontato di aver rischiato di arrivare alle mani con i loro colleghi del Gom. Le richieste di scioglimento dei GOM in quell'occasione non portarono a nessun risultato, anche se, come in passato per gli scandali riguardanti lo Scop, nacque l'esigenza di cambiare la sigla del corpo, o confonderla in quella di un ufficio di coordinamento.
3 aprile 2000 SASSARI - "Io sono il vostro Dio. In quindici giorni diventerete come degli agnellini. Il lager in confronto è un paradiso: qui comincia l'inferno". Ettore Tomassi, neocomandante dei secondini del carcere sassarese di San Sebastiano, si sarebbe presentato così, lo scorso 3 aprile, ai reclusi. Poi, poco dopo, il massacro. Tomassi, appena giunto da Benevento, a dirigere le operazioni dentro il suo impermeabile bianco, una trentina di agenti con anfibi e tuta mimetica a eseguire con metodi da SS l'ordine di trasferimento di venticinque detenuti difficili: i "cervelli" di una protesta, pacifica, avvenuta il 28 marzo. In tanti avevano sentito dalla strada rumore di ferri, clangore di sbarre, di posate, di gavette. Per un'ora, poi il silenzio. I detenuti protestavano per i disagi provocati dallo sciopero dei direttori: impossibilità di ricevere pacchi da casa, vitto scarso e scadente. La madre di uno dei trasferiti riesce ad avere un colloquio: "Aveva la bocca spaccata". I racconti filtrano. "Abbiamo visto i nostri congiunti al colloquio. Uno aveva i segni di un laccio al collo, un altro ha detto che avrebbe preferito essere ammazzato. Hanno fatto uscire i detenuti, li hanno fatti spogliare nudi, li hanno ammanettati con le mani legate dietro la schiena, presi a schiaffi nelle orecchie, picchiati lungo tutto il tragitto dalle celle fino alla sala dei colloqui e al cortile. Li sollevavano e li lanciavano da una guardia all'altra. Li hanno messi in fila, presi a calci nelle schiena, nelle gambe, nei testicoli. A un ragazzo hanno dovuto segare le manette per toglierle perché, nonostante le tirassero, non uscivano, tanto i polsi si erano gonfiati. Urlavano di dolore e le urla eccitavano di più le guardie. I pugni e i calci cadevano fitti". I racconti fatti a voce sono anche peggio. Sono storie di violenza meschina e vile. Dicono che sono stati pestati con più ferocia i tossici, i malati, e che qualche riguardo è stato invece riservato a detenuti nuoresi legati ad ambienti delle criminalità tradizionale. Sono tutti sardi i protagonisti di questa storia: sardi i reclusi, sardi i secondini. Dicono, questi racconti sussurrati, pure di violenze sadiche, di manganelli infilati nell'ano, di teste sbattute contro la parete fino a tramortire la vittima per poi svegliarla con secchiate di acqua gelida. Come se veramente quel discorso sul lager e il paradiso... Maledicono le telecamere schierate fuori dall'ingresso gli agenti di San Sebastiano. Uno grida: "Non siamo criminali". Un altro sibila: "Entrateci voi in cella. Provate a fermarlo voi un tossicodipendente sieropositivo che si taglia con la lametta e poi ti sventola sotto il naso la stessa lametta sporca del suo sangue, e tenta di graffiarti, e ti deride. Ci sono detenuti che disturbano anche gli altri detenuti. Gli altri non parlano per paura, ma sono contenti di non avere più tra i piedi quei venticinque bastardi. Se con l'Aids ti sputa in bocca cosa fai, gli chiedi come sta? Gli offri un caffè?... " (repubblica 4 maggio 2000)

Questa interessante storia dei GOM è a cura dei Filarmonici, gruppo di compagni attivo sulle questioni legate alla carcerazione e al controllo. Potete contattarli sul sito internet: www.ecn.org/filiarmonici


Il documento che segue è stato inviato come contributo alla Traversata. Lo pubblichiamo sperando che serva ad aprire il dibattito sul metodo nella lotta contro le galere.

Salute compagni.
Avendo avuto notizia della vostra iniziativa, qui vi inviamo questo scritto come contributo al dibattito. Lo stesso giorno che vi sarà spedito sarà inviato anche a varie decine di indirizzi del movimento qui nello stato spagnolo. Vi alleghiamo ugualmente la nota inviata a questi indirizzi. Per finire vi auguriamo che la traversata vada bene in tutti i sensi.
Né carceri né frontiere.

Quanto più si diffonde all'esterno questo scritto, più possibilità avrà che arrivi ai suoi autentici ricettori. Per questo noi ingoiamo il nostro orgoglio e ve lo inviamo, non solo ai compagni più "ricettivi", ma ugualmente a quelli che hanno censurato alcune situazioni che si sono verificate. Pubblicare uno scritto o far conoscere un fatto non significa concordare con le sue motivazioni, come si potrebbe specificare prendendosi il fastidio di dedicargli almeno tre parole.
Dedicare fiumi di inchiostro a una tematica per poi stare zitti su una sua parte scomoda è una comunicazione indipendente dalla disinformazione del regime, è evidente per pura logica.
Ai compagni che sì avete dimostrato onestà - diciamo "informativa" vi chiediamo solamente di continuare con essa, visto che è meno comune di ciò che ci si auspicherebbe.

Maggio 2002-07-24

Dalla strada
Abbiamo deciso di rivolgerci a voi, ribelli e rivoluzionari prigionieri che da anni state portando avanti la lotta per l'abolizione del regime FIES e dell'isolamento, la scarcerazione dei malati incurabili, per la fine della dispersione e, da alcuni mesi anche per la scarcerazione di coloro che hanno completato ¾ di condanna e 20 o più anni di reclusione; a voi che lottate in una quotidiana resistenza rispetto all'intento di annichilimento fisico - psichico che è strategia e prassi comune e cosciente dell'istituzione penitenziaria nelle celle dello stato.
Siamo coscienti, noi dalla strada, di come il carcere incarna la repressione nella sua forma più virulenta e brutale il nodo scorsoio che stringono le mani insanguinate di queste democrazie occidentali pacifica e fino al midollo.
Precisamente per questo, già nel passato, decidemmo di solidarizzare attivamente con quanti si sono ribellati alla logica del dominio, nelle prigioni e nella strada.
Concepiamo azioni e sabotaggi come un grido che, dalla strada, superi queste mura maledette, contribuendo ad abbatterlo, ad aprire spiragli di comunicazione attiva attraverso pratiche e metodi rivoluzionari: pratiche e metodi ben definiti, che si concretizzano nell'attacco diretto alle strutture e individui responsabili di un regime di oppressione e sfruttamento.
Privilegiamo determinati mezzi, in questi momenti, perché consideriamo che si vive in un periodo nel quale il movimento anarchico non ha una capacità effettiva di pressione nelle mobilitazioni pubbliche: le manifestazioni ed i presidi convocati unicamente dagli anarchici sugli argomenti del carcere/repressione finiscono per riunire poche decine di compagni, dissipando in questa maniera energie che potrebbero essere impiegate molto più efficacemente.
Questa, resta ben chiaro, è una considerazione oggettiva del periodo storico che stiamo vivendo, non una critica alla potenzialità espressa dalle individualità anarchiche che in modo differente si impegnano attivamente.
Vorremmo ora chiedervi la vostra opinione sulla validità dei metodi da noi utilizzati fino ad ora, firmati Solidarietà Internazionale, per appoggiare la vostra lotta e sulla opportunità di proseguire con detti metodi, tenendo conto l'esperienza di lotta passata, per quanto si sono diversificati e sviluppati negli ultimi anni. Un bilancio delle giornate di sciopero della fame di marzo, del loro sviluppo da dentro e dell'appoggio esterno, può offrire una base più attuale alla riflessione.
Insieme ad un crescente numero di compagni anarchici, nello stato spagnolo ed in europa, decidemmo di utilizzare l'agitazione armata per appoggiare attivamente la lotta contro il regime FIES, contro l'isolamento e per il conseguimento degli altri punti che rivendicate. Nostra scelta, quella di appoggiare una lotta intermedia dentro le prigioni - lotta che si propone risultati parziali, di conquista di condizioni per un minimo di dignità nella reclusione -, l'abbiamo messo in pratica mediante metodi che "parziali" non sono, puntando piuttosto a uno scontro diretto con il dominio anche qui, dalla strada, il quale ha provocato reazioni opposte.
Già dal principio immaginavamo che per molti ribelli sociali e anarchici in prigione non esistessero discriminanti di metodo in questo percorso.
Tuttavia all'esterno il discorso si è fatto più complicato…
Dal momento in cui la vostra agitazione contro gli aspetti più annichilenti del carcere è stata appoggiata qui fuori attraverso azioni rivendicative in solidarietà con voi e con la lotta - azioni tanto di nostra mano come ad opera di altri compagni organizzati o che hanno agito individualmente -, dal movimento esterno si sono levate voci che in maniera più o meno velata, più o meno intelligente, hanno temuto, da un lato, l'aumento della repressione, dall'altro il rischio di posizioni avanguardiste e/o slegate dalla lotta sociale in corso.
In riferimento alla questione "repressione". Sappiamo fin troppo che il dominio si difende dagli attacchi che subisce con una politica di repressione, spesso indiscriminata - montature giudiziarie, censura delle lotte e falsificazione dei loro motivi, ecc -, però questa stessa repressione è la misura di quanto si sente pugnalato il dominio. Il regime democratico - che sia di "destra" o di "sinistra" poco importa - tende ad assorbire ed annullare le contrapposizioni che gli si presentano. Solo quando queste non sono recuperabili, cioè a dire, pericolose, utilizza tutte le sue armi per colpire e reprimere: il potere legislativo, giudiziario e sbirresco in combutta con il coscienzioso avvelenamento massmediatico.
A proposito di questo non dimentichiamo che la lotta di cui parliamo e voi, suoi autentici protagonisti, foste criminalizzati fin dal principio, quando appena si abbozzava e molto prima di alcun attacco esterno.
Per quello che riguarda la questione "avanguardia" ci pare un problema posto in malafede. Siamo parte attiva del movimento anarchico che storicamente ha vissuto la confluenza del pensiero e azione come parte fondamentale della sua propria proiezione rivoluzionaria.
Non possono esistere spaccature tra noi e il "sociale" o tra noi e il movimento, perché come anarchici siamo inevitabilmente parte del movimento e della società. Organizzarsi e radicalizzare la propria prassi suppone un percorso di sviluppo individuale e collettivo, per nulla avanguardista.
È precisamente a partire da questi motivi per cui vi chiediamo oggi di riflettere sull'utilità e opportunità di un contributo da parte nostra alla vostra lotta. Per noi continuare in questo senso, affilando le nostre armi, migliorando, diversificando, inasprendo le forme di azione, avrà un valore reale ed efficace solo quando sia effettivamente compreso e sostenuto da quanti stanno attivamente resistendo agli intenti di annichilimento che il dominio quotidiano, in ogni dove, commette.
Non vediamo miraggi né vogliamo farli vedere a voi, siamo coscienti che non c'è soluzione in tempi brevi. Una prima - parziale - vittoria sarebbe amplificare all'esterno la voce di una rete solidale di prigionieri in lotta che le mura vorrebbero soffocare. Non precipitarsi per una scorciatoia, piuttosto un primo muro, quello dell'isolamento abbattuto…

Crescere in attacco e coordinazione
Colpire il Dominio nelle sue strutture e uomini
Creare un fronte anarchico rivoluzionario diffuso


ASHCROFT*, TI FA SENTIRE PIÙ SICUR@?

Storicamente, i governi, hanno usato la guerra come pretesto per limitare i diritti fondamentali e aumentare i loro poteri nel nome della sicurezza nazionale. Questa guerra, non è un'eccezione. Il governo degli U.S.A., ancora una volta, ha tagliato i diritti dei cittadini e introdotto un'ampia legislazione che attacca i diritti dei "non" cittadini.
Il 26 ottobre, il presidente Bush firmò una legge con un nome inverosimile: USA PATRIOT Act (uniting and strengthening america by providing appropriate tools required to intercept and obstruct terrorism, ossia: unire e rafforzare l'america fornendo mezzi appropriati per intercettare e ostruire il terrorismo). Il nome è quasi tanto sinistro come la legislazione stessa. La Act, concede alle agenzie di sicurezza, una maggiore capacità di vigilanza e offre al dipartimento di giustizia ampi poteri per processare, cosicché possa fare la "guerra al terrorismo". Naturalmente, la definizione di "terrorismo" è vaga e può includere qualsiasi gruppo politico. La legge definisce "terrorismo domestico" in una maniera così vaga che comprende varie attività che già sono illegali, ma non costituiscono una minaccia alla sicurezza nazionale. La sezione 802 della legge, definisce il "terrorismo domestico" come "attività che comporta azioni pericolose per la vita umana in violazione delle leggi penali degli USA o di qualsiasi altro stato; che sembrano destinate a intimidire o costringere la popolazione civile; ad influire nella politica del governo per intimidazione o coercizione; ad affettare la condotta del governo per mezzo di distruzione di massa, l'omicidio o il sequestro; e che accadono primariamente nel territorio sotto la giurisdizione degli USA."
Sotto questa definizione, le proteste popolari dove ci sono danni alla proprietà, tali come durante la riunione dell'OMC a Seattle, o il danneggiamento simbolico all'equipaggiamento militare come a Vieques, o le molte azioni nelle installazioni militari nel territorio nazionale, potranno essere considerati come atti terroristici. Ciò espone gli autori ( o i supposti autori) delle azioni ad essere sorvegliati, encausados y sentenciados a punizioni più severe. Anche l'attività sindacale (bloccare fisicamente i crumiri esquiroles o carneros perché non entrino nei luoghi di lavoro), potrebbe cadere sotto questa definizione.
La legge permette alle agenzie di sicurezza di spartirsi le informazioni ottenute fra di loro senza revisioni giudiziali e permette alla CIA di riunire le informazioni sui cittadini degli USA ottenute da altre agenzie di sicurezza come l'FBI e la NASA, anche quando la CIA opera fuori dagli USA. Questa legge non solo aumenta i poteri delle agenzie di sicurezza per acchiappare e processare "terroristi" stranieri, ma offre le risorse necessarie per spiare e perseguire anche gli attivisti politici e religiosi nostrani.
La legge, inoltre, permette ai poliziotti l'accesso alle informazioni confidenziali sugli studenti. Dall'11 settembre, un centinaio di scuole e università hanno dato informazioni circa i propri studenti all'FBI e altre agenzie poliziesche. Questa legge conferisce alle agenzie, accesso automatico ad informazioni che prima erano considerate private, legalizzando così lo spionaggio che prima era contro la costituzione.
Tutti gli studenti sono a rischio di tenere le proprie informazioni private in mano alle agenzie di sicurezza, ma di sicuro, gli agenti investigano gli studenti attivisti e gli stranieri.
La ACT, pregiudica soprattutto gli immigrati. Gli immigrati che non sono cittadini vivono nella continua paura d'essere deportati. L'USA PATRIOT ACT, formalizza questa minaccia.
Il pubblico ministero, non ha da mostrare nessuna prova o dimostrare la colpevolezza ad una corte, poiché il sospetto prende il posto della prova. Inoltre, i non cittadini possono essere arrestati e deportati quando fanno donazioni a organizzazioni qualificate terroristiche dal governo, anche quando non sanno che il gruppo è considerato terrorista o quando non sanno com'è stato utilizzato il contributo.
Fino ad oggi, più di mille persone sono state arrestate, e il dipartimento di giustizia si nega a confermare il numero. Questi prigionieri sono senza comunicazione con le i propri familiari e avvocati e le accuse contro di loro si mantengono segrete. La maggior parte non è stata accusata di nessun crimine.
Ancora più allarmante è che il 13 novembre, il presidente Bush, promulgò un ordine militare stabilendo tribunali militari per giudicare i non cittadini degli USA. Queste commisioni non garantiscono agli accusati il diritto a conoscere le ragioni del loro arresto, né le accuse contro di loro, e i mormorii si convertono in prove legali. Gli accusati non potranno ricorrere in appello alle sentenze di primo grado. Nel nome della difesa della democrazia, il governo degli USA si prepara per una gran campagna di repressione della protesta. Nessuna legge ci può proteggere dalla violenza politica imposta dal governo stesso! L' USA PATRIOT ACT non è una risposta ai fatti dell'11 settembre.
La sua attuazione è uscita direttamente dalla legge presentata da Hart Rudman che fu accettata quattro mesi prima dell'11 settembre. L'11 settembre, è stato un pretesto molto conveniente per implementare il fascismo.
L' USA PATRIOT ACT, sarà impiegata contro gli attivisti anti-guerra e anti-globalizzazione capitalista.
Bisogna difendere i diritti degli immigranti, degli studenti e di tutta la popolazione. Dobbiamo capire i metodi del governo per proteggerci noi e le nostre comunità contro la persecuzione. Più importante ancora, abbiamo da costruire una società anarchica dove le guerre e le tirannie siano solo semplicemente ricordi.

Articolo estratto dal giornale anarchico "regeneration", numero 5 del dicembre 2001, pubblicato a Los Angeles. Per ulteriori informazioni: la_regeneration@hotmail.com oppure, Po Box 91691, Passadena, California. 91109. USA

*John Ashcroft, ministro della giustizia americano. Al termine di un incontro col suo collega italiano Castelli, nel mese di Febbraio, Ashcroft elogia il lavoro di indagine e i provvedimenti legislativi contro il "terrorismo", intrapresi negli ultimi mesi in Italia.


UN SOLO GRIDO... EVASIONE!!!

03/11/01, Lurago d'Erba, una prigioniera del carcere di Como, ottiene il permesso di partecipare in "compagnia" di alcuni volontari del carcere, ad una serata organizzata da un'associazione missionaria cattolica. Durante la serata è stato trasmesso un film che narrava un'evasione rocambolesca di tre prigionieri da un carcere americano e al termine della proiezione, è seguito il dibattito "Fratello, dove sei?" al quale, la prigioniera ha preso parte rispondendo alle domande sulle condizioni carcerarie. Erano presenti un centinaio di persone e nessuna di loro, si è resa conto che la prigioniera alla quale mancavano pochi mesi di carcere, è sparita non facendo più ritorno in carcere.

Lo scorso 18 Marzo, davanti al tribunale di Palermo, mentre si svolgeva un rito ormai molto noto in città, cioè il trasbordo dei prigionieri ammanettati,dai cellulari dei secondini alle aule del tribunale, qualcosa di straordinario è avvenuto a interrompere questo triste rituale. Un prigioniero, è riuscito a scappare sotto gli occhi di centinaia di sbirri e secondini! L'uomo finalmente libero, è scappato rifugiandosi nei vicoli del mercato "Capo", a due passi dal tribunale!
Corri uomo libero! Non ti fermare mai! Con la speranza che un giorno non dovremo più correre, anzi, fermarci a costruire un mondo senza galere e confini!
Auguri e buona fortuna!

3 giugno 2002 SAN PAOLO (Brasile) I secondini guardano la partita e una ventina di detenuti ne approfittano per evadere. È accaduto in Brasile durante l'esordio mondiale di Ronaldo e compagni con la Turchia, disputatasi alle 6 del mattino locali. La gara, però, non è stata vista da 17 detenuti del penitenziario di Osasco, nei pressi di San Paolo. Nei giorni scorsi avevano scavato di nascosto un tunnel sotto il muro di cinta. La fuga è coincisa con il pareggio di Ronaldo. I custodi si sono accorti dell'evasione solo quando, da fuori, i complici hanno sparato contro i sorveglianti appostati sul muro di cinta per coprire l'uscita dei fuggitivi dal tunnel.

19 giugno 2002 EVASI 2 DETENUTI DA CARCERE MANTOVA, ERANO DENTRO PER RAPINA
Due detenuti (entrambi condannati per rapina) sono evasi dal carcere di Mantova: non sono rientrati dal permesso di cui usufruivano per lavorare all'esterno. L'evasione è avvenuta lunedì sera, ma ne ha dato notizia solo oggi la Gazzetta di Mantova. Gli inquirenti ritengono i due evasi molto pericolosi e li stanno cercando attivamente in tutta Italia. Uno dei due avrebbe finito di scontare la sua pena tra due anni, mentre l'altro avrebbe dovuto rimanere dietro le sbarre fino al 2014: era stato ritenuto responsabile di una sanguinosa rapina a un furgone portavalori avvenuta a Padova 25 anni fa, nel corso della quale furono uccise due guardie giurate. Da tempo ai due, dopo una lunga detenzione, era stata concessa la semilibertà, cioè la possibilità di uscire dal carcere la mattina per recarsi a lavorare e ritornare la sera dietro le sbarre. Lunedì sera, però, i due non sono ritornati nella casa circondariale di via Poma e nessuno li ha più visti. (ANSA).

28 giugno 2002 a Berlino un detenuto jugoslavo è riuscito ad evadere nascondendosi all'interno di una delle scatole che assemblava nel carcere di Waldeck, nella Germania orientale. "Lavorava nel reparto di confezionamento di imballaggi della prigione - ha spiegato il portavoce del ministero della giustizia del land del Mecklenburg-Vorpommern - e sembra che si sia nascosto in una scatola". La confezione è stata inavvertitamente caricata su un camion e portata fuori dal penitenziario. A quel punto l'evaso è uscito dalla scatola ed è saltato giù dal veicolo.