CNA

Bollettino numero 3
Dicembre, 2001


Dedichiamo questo bollettino alla memoria di Mario Deiana, compagno morto in circostanze dubbie il 19 giugno 2001. Secondo la ricostruzione ufficiale di sbirri, magistrati e giornalisti si sarebbe suicidato gettandosi sotto un treno nei pressi di Modena, dopo che per due giorni era stato ricercato in tutta Italia in seguito ad un incendio divampato su un Eurostar tra Bologna e Modena. I suoi sentimenti di ribellione vivranno sempre in noi, così come il suo ricordo.

Indice
Editoriale
Abc International
Dichiarazione di solidarietà di Geert Waegemans con i prigionieri in lotta
Montature giudiziarie
Silvano ci racconta la brutta storia di Francesco Catgiu
Lavoro in carcere
È arrivato il "giustiziere"…
Colpevoli di solidarietà... l'eterna attualità!
Tre arresti in Spagna
L'ultimo processo di Cordoba
Silvia libera!
Condannati i quattro compagni sardi della rapina di Luras
L'attacco al carcere di Marassi il 20 luglio 2001
È morto Barry Horne
La Cooperariva Artigiana Fuoco e Affini (occasionalmente spettacolare)
Bastiglie da prendere, rivoluzioni da fare
Dichiarazione di Massimo Leonardi
COL.A.P.S.O.
Eduardo Garcia Macias
La pagina delle evasioni

Editoriale

Questo terzo numero di Crocenera esce con qualche settimana di ritardo rispetto alle nostre intenzioni iniziali, a causa di alcuni problemi organizzativi, nonché della nuova ondata repressiva che ha colpito il mese scorso un centinaio di compagni. Si è voluto appositamente attendere, prima di andare in stampa, l'esito dell'incontro di Roma, poiché ci sembrava importante un confronto con gli individui e le realtà colpite, non solo per fare il punto della situazione, ma soprattutto per rilanciare una mobilitazione sul tema carcere-repressione. Una mobilitazione che, a nostro avviso, dovrebbe sganciarsi dalle strategie repressive dello Stato e dalle scadenze che queste impongono, poiché non è possibile ragionare per emergenze. Le perquisizioni, gli arresti e le indagini, non sono che il frutto di una pratica d'annientamento dei soggetti indesiderati che lo Stato attua quotidianamente e nei modi più svariati. Per sviluppare una mobilitazione costante che dia una maggiore incisività alla lotta contro il carcere è indispensabile, secondo noi, un impegno continuo da parte di ogni singolo individuo che avverta come necessaria la sua distruzione. Strumenti come la CNA hanno la finalità prevalente di consentire la diffusione di notizie relative ai detenuti e alla repressione in atto tentando in questo modo di rendere quell'impegno più proficuo ma anche di consentire una migliore gestione dei momenti in cui si viene colpiti, evitando la circolazione di informazioni non corrette che in alcuni casi possono risultare dannose. Peraltro, ci troviamo a fare uscire questo terzo numero in una situazione di particolare difficoltà legata soprattutto alla scarsa partecipazione al progetto. Era nostro auspicio all'inizio quello di riuscire a coinvolgere un maggior numero di compagni, vista soprattutto l'enorme mole di lavoro che ci troviamo ad affrontare per la preparazione dei bollettini. Nel corso di quest'anno siamo riusciti a dare alle stampe appena tre numeri, pochi rispetto alla grandissima quantità d'informazioni e spunti che avremmo voluto divulgare. All'uscita di ogni numero è grande l'insoddisfazione per non aver potuto sviluppare una serie di argomenti che meriterebbero maggiore approfondimento. Dall'ultimo numero (giugno) ad oggi sono innumerevoli gli avvenimenti che avremmo voluto approfondire senza limitarci a farne una semplice menzione: gli attacchi portati prima, durante e dopo il G8 di Genova a varie strutture, la morte di Mario Deiana, i processi in corso in Spagna e in Sardegna, la nuova campagna repressiva ai danni dei compagni anarchici in Spagna. Sarebbe inoltre utile rendere più costanti i versamenti pro-detenuti; ci auguriamo che ogni gruppo si impegni in questo senso per far fronte alle numerose richieste che ci arrivano dalle carceri ed evitandoci così l'odiosa pratica della richiesta continua.
Saluti Anarchici

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Abc International

All'inizio di Luglio, in Belgio, abbiamo partecipato ad un incontro internazionale delle Croci Nere Anarchiche. Vi erano presenti i compagni francesi, belgi, tedeschi, inglesi, austriaci, cechi, olandesi e polacchi.
     Lo scopo di quest'incontro era conoscerci personalmente per approfondire e sviluppare, eventualmente, il nostro rapporto che fino a quel momento si limitava semplicemente ad uno scambio di materiale informativo.Inoltre si sperava di riuscire ad intensificare le lotte a livello internazionale, sempre che fosse emersa un'affinità di metodo e di vedute tra i presenti.
     Ogni gruppo si è presentato raccontando la propria storia, le esperienze e soprattutto fornendo una panoramica sulle situazioni repressive e sui prigionieri che sostiene. In seguito, si sono sviluppati argomenti di discussione legati alle tematiche del carcere e dei prigionieri, sul concetto di solidarietà e sui problemi che ogni gruppo si trova ad affrontare nel gestire le varie attività. Sebbene i contesti nei quali ogni gruppo opera, talvolta, risultavano nettamente differenti, abbiamo riscontrato delle analogie in comune fra la maggioranza dei presenti. Ad esempio, in molti hanno dichiarato di avere avuto contrasti con gli anarchici federati, che hanno portato, spesso, a rotture definitive e al conseguente "marchio" di non essere i "veri anarchici" (…). A Berlino, addirittura, esistono due CNA, una fa parte della federazione e l'altra no, quest'ultima si occupa (così come gli altri gruppi dei paesi dell'est) dei prigionieri antifascisti che sono piuttosto numerosi, accusati spesso di reati come tentato omicidio o omicidio (di fascisti), reati per i quali, faticano ad ottenere solidarietà. Ed è proprio su quest'ultimo aspetto che si è sviluppato un dibattito molto interessante. Tutti i prigionieri, "meritano" la nostra solidarietà? Perché le campagne internazionali sono, di solito, fatte per prigionieri la cui "innocenza" è palese? Come decideranno di comportarsi quei compagni che, dopo aver lanciato una notevole campagna d'appoggio per un prigioniero che subiva delle torture, hanno, poi, scoperto che costui, una dozzina d'anni fa, era un'agente dei servizi segreti che aveva portato in carcere numerosi anarchici e ribelli? In teoria, la risposta appare semplice, siamo anarchici, per la distruzione del carcere e la liberazione di tutti i prigionieri, anche di quelli infami o ex-sbirri, stupratori compresi, però, "nel frattempo" cosa facciamo con loro se, disgraziatamente, dovessero rivolgersi a noi chiedendoci solidarietà? Il dibattito è tuttora aperto… fermo restando che ognuno agisce secondo la propria coscienza. In merito al dibattito sull'"innocentismo" i compagni presenti sono convenuti nel riconoscere i limiti delle campagne in favore dei soli prigionieri vittime di montature, riconoscendosi nell'affermazione secondo cui "gli innocenti meritano senz'altro la nostra solidarietà, ma i colpevoli ancora di più".
     Al termine dell'incontro si era deciso di fissare una scadenza annuale che ci avrebbe portato ad un nuovo appuntamento intorno al maggio 2002. Nel corso di questi mesi l'intensificarsi dei rapporti e l'approfondimento delle conoscenze ha fatto sentire l'esigenza di anticipare la scadenza, cosa che probabilmente ci porterà ad un nuovo incontro entro breve.
     Lo scritto che segue è stato redatto in comune al termine dei due giorni. Inizialmente si sono verificati disaccordi sul riferimento ai prigionieri politici, poi superati in base alle seguenti considerazioni. Certamente siamo per la distruzione del carcere e la libertà incondizionata per tutti , tuttavia la maggior parte delle campagne sono rivolte a singoli detenuti che sentiamo vicini ai nostri percorsi di lotta. Per questo motivo, e visto che abbiamo riscontrato notevoli affinità con gli altri compagni presenti, abbiamo ritenuto opportuno non dividerci sull'uso di un termine, non esistendo tra noi differenze sostanziali .

Dichiarazione dell'incontro dell'Anarchist Black Cross Internazionale
Ghent (Belgio) 30.06.2001
Diversi gruppi dell'Anarchist Black Cross (ABC) da differenti posti dell'Europa si sono incontrati a Ghent. C'era gente dei seguenti paesi: Italia, Polonia, Repubblica Ceca, Francia, Lussemburgo, Inghilterra, Olanda, Germania e Belgio. Durante l'incontro si è convenuto sull'opportunità di formare una rete di gruppi autonomi che appoggi le attività dell'ABC. Noi crediamo nell'abolizione del sistema carcerario, e non solo, ma anche nella distruzione del capitalismo e d'ogni tipo d'autorità. Crediamo che la lotta contro il sistema della (in)giustizia, come quella contro il capitalismo, sia internazionale. Per questo, i recenti tentativi dei governi europei (ad esempio l'Europol in Spagna nel 2001) di criminalizzare il movimento anarchico, devono essere combattuti da parte di tutti i rivoluzionari.
     Rispettiamo i differenti modi in cui la gente resiste alla violenza e al terrorismo dei governi, e sosterremo le persone imprigionate dallo Stato. Ci sforziamo di fornire un aiuto pratico e materiale per i/le prigionieri/e per la lotta di classe e incoraggiamo a sostenerli/e.
     La rete rispetta l'autonomia di ogni gruppo nell'agire a seconda delle differenti circostanze della loro specifica situazione locale.
     Sollecitiamo tutti a sostenere i/le prigionier* politic* perché loro sono dentro per noi, noi siamo fuori grazie a loro!

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Dichiarazione di solidarietà di Geert Waegemans con i prigionieri in lotta (agosto 2001)

Sono Geert Waegemans, prigioniero politico in Belgio. Sono detenuto dal 17 ottobre 2000 per un tentativo d'aggressione alla macchina del giudice delle indagini preliminari e sono indagato per un paio d'attacchi dell'ALF, azioni delle quali mi sono assunto la responsabilità. Attraverso i compagni che sono all'esterno so che c'è un'intensa lotta nelle carceri, soprattutto in Turchia ed in Spagna ed ora sembra anche nei campi di morte in Amerikkka. Ho anche imparato che sono possibili molte azioni di solidarietà, dentro e al di fuori delle mura di una prigione, in Francia, Italia, Gran Bretagna, Olanda, Belgio. Con questa dichiarazione voglio unirmi ai prigionieri anarchici Mark Barnsley e John Bowden nella proposta di astensione dal cibo per il primo fine settimana di ogni mese.
     Ritengo che la lotta nelle prigioni, contro i regimi d'isolamento, sia una lotta fondamentale e giustificata, che poggia sui più elementari diritti umani.
     Come attivista per i diritti degli animali voglio asserire con chiarezza che per me i diritti umani hanno la massima importanza, poiché c'è gente capace di dubitarne. Per me la lotta per i diritti umani e quella per i diritti degli animali sono la stessa cosa. Umani e animali sono parimenti sottomessi alle leggi del capitalismo: gli uni e gli altri sono sfruttati, oppressi e sacrificati alla follia del profitto. Spero che ci sia attenzione e rispetto anche per questa parte della mia lotta.
     Deve essere chiaro che le prigioni non sono una soluzione. La crescita ed il perfezionamento del sistema carcerario sono una minaccia imminente. Nella nostra società regna un sentimento di paura creato ad arte e sostenuto da coloro i quali stanno al potere, spaventati dai cambiamenti sociali. Le numerose e partecipate azioni anti-capitaliste di questi ultimi anni mi danno la speranza che stiano avvenendo dei cambiamenti. Ma l'assassinio di Carlo Giuliani deve farci capire che la lotta vera ancora non è stata combattuta.
     Con la mia modesta azione intendo sostenere ed incoraggiare i miei amici spagnoli, turchi, curdi, inglesi, americani e continuare a lottare con loro per una società giusta dove siano rispettati gli umani, gli animali e l'ambiente. Una società dove le prigioni, che sono le segrete della cosiddetta società democratica, non esistano più.
     Rispetto e solidarietà.

Geert Waegemans:
Begijnenstraat 42
2000 Antwerpen
Belgium

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Montature Giudiziarie

Il 16 luglio a Roma su ordine dei pm Italo Ormanni e Federico De Siervo vengono eseguite 15 perquisizioni e 2 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di Fabrizio Sante Antonini e Roberta Ripaldi, mentre altri 3 indagati rimangono a piede libero. L'inchiesta riguarda alcuni attacchi incendiari avvenuti fra il maggio '98 e l'aprile 2000 che hanno colpito sedi di partito (ds e an) , un deposito di auto dei carabinieri e l'auto di una responsabile dell' agenzia di lavoro interinale "Obiettivo Lavoro". Dopo quattro mesi , il 12 novembre ,a seguito di una perquisizione viene arrestato nell'ambito della stessa indagine Raoul Terilli. Sembrerebbe che per arrestarlo sia bastato un documento contenente valutazioni positive in merito all'omicidio D'Antona e all'attentato contro la sede dell'Istituto Affari Internazionali. In questi mesi ci sono state diverse dichiarazioni ed iniziative di solidarietà che hanno però riguardato quasi esclusivamente Roberta. Pochissime sono state le parole spese per Fabrizio, noi riteniamo doveroso rompere questo isolamento, continuando a chiederci come sia stato possibile che nelle iniziative di solidarietà e nei comunicati relativi all'inchiesta sia apparso quasi sempre il solo nome di Roberta, "dimenticando" Fabrizio. Pubblichiamo una sua lettera dal carcere, sperando sia utile a far crescere la solidarietà nei suoi confronti.
Fabrizio, Raul e Roberta Liberi.    Liberi tutti.

Lettera aperta di Fabrizio

Ci risiamo, dopo la guerra criminale contro le popolazioni civili in Jugoslavia, la santa alleanza ora ha deciso di bombardare i villaggi e le città afgane per estendere il proprio dominio nel mondo. Supportati dai mass-media che inneggiano a questa ennesima "operazione chirurgica di polizia internazionale", si cerca il consenso delle popolazioni agitando lo spettro della guerra batteriologica. Ed ecco che come per miracolo arrivano in ogni dove buste con misteriose polverine bianche, ad annunciare i tempi della probabile peste di manzoniana memoria. Quindi se il morbo dilaga, o usando il condizionale potrebbe dilagare, è necessario trovare gli untori e laddove non si trovano, fabbricarne ex-novo.
     Questo era già nell'aria molto tempo prima della vicenda dell'11 settembre e nel nostro paese, risale quantomeno al 10/15 luglio 2001, anno primo dell'era Berlusconi. Gli untori in quel caso erano stati gli anti-global che a Genova avevano disturbato i piani dei "grandi della terra": più di 400 feriti, un centinaio di arresti e un altro omicidio (solo l'ultimo di una lunga serie mai interrotta, quella del giovane compagno Carlo Giuliani) avevano dato il segno dell'aumento esponenziale della repressione nei confronti di chi si oppone alla logica del profitto e dello sfruttamento. A seguire lo svolgimento delle "indagini imparziali" presso la scuola Diaz e non solo, determinando un sostanziale ed ovvio silenzio dei media dopo solo tre mesi, sdoganando anche la morte dell'untore con l'estintore in mano. D'altra parte non c'è nessun motivo di stupirsi, sia in quel paese dove ogni strage rimane impunita e non parliamo solo di Piazza Fontana o do Bologna, ma anche di quella di Linate, dove per effetto della deregulation sui sistemi di sicurezza muoiono decine di persone in uno scontro tra due aerei, o nei cantieri dove centinaia di operai perdono la vita sul lavoro; questa non è retorica: è un fatto oggettivo. Mandante morale la logica del profitto, esecutori gli integralisti della sua religione, movente il disprezzo arrogante delle condizioni di vita dei lavoratori. E così tra le tranquille tragedie e farse del nostro paese normale fa capolino anche la "nostra" piccola storia che si colloca nella caccia agli untori.
     Con uno spropositato spiegamento di forze la notte tra il 15 e il 16 luglio 2001 vengono effettuate a Roma quasi trenta perquisizioni nel corso delle quali non viene ritrovato ovviamente niente (perché non c'era niente da trovare!) di quel che sui giornali viene di solito definito materiale interessante per gli investigatori. Le uniche cose che vengono trovate sono le persone strappate al sonno, qualche bambino che piange, un poster di Che Guevara. Sul teatro di scena rimangono due arresti e tre indagati per il solito reato di associazione sovversiva finalizzata… etc etc. In corso d'opera, i rapporti personali, di affetto, di amicizia, diventano vincoli associativi, attitudine a compiere reati e compagnia dicendo. Due anni e passa di intercettazioni telefoniche, pedinamenti, appostamenti dimostrano in maniera inconfutabile che il tizio era solito andare nei cortei di piazza, che la tizia telefonava spesso al suo ragazzo, che il ragazzo era amico del tizio, che il tizio era amico di una tizia e così via in una sorta di panegirico allucinatorio e paranoico.
     I normali rapporti personali di un individuo riportati sui verbali di polizia assumono tratti loschi e perversi, fonte di chissà quale criminale cospirazione. Ma proprio la normalità di queste persone stizza i solerti investigatori, perché non è la normalità di chi è abituato a subire i torti, le ingiustizie, la mancanza di diritti di una società classista e discriminatoria che si fa i cazzi suoi e non disturba i padroni del vapore. La normalità della loro vita è alzare la voce quando vengono massacrati i palestinesi sulla loro terra, quando i villaggi kurdi vengono incendiati e bombardate le popolazioni in Jugoslavia. Insomma in tre parole rompono i coglioni "ottimi" come colpevoli: il carcere è pronto, il reato pure e poi si vedrà.
     I laboratori post borbonici del nostro paese di santi, poeti e scienziati sfornano così un mediocre puzzle che si colloca a metà strada tra il fantascientifico Frankestein ed il deprimente Kafka.
     È così ad esempio che un viaggio in Jugoslavia propagandato, pubblicizzato ai quattro venti, alla cui riuscita hanno contribuito decine di compagni, lavoratori e singoli individui con l'invio di medicinali e vestiario per le popolazioni colpite dai bombardamenti e che era stato reso noto alle ambasciate dei paesi interessati, diventa un tassello del complotto scoperto dagli accertamenti degli investigatori nel corso dell'attività di indagine. Crediamo a questo punto di fare delle considerazioni e di tirare le conclusioni.
     Niente di nuovo sotto il sole circa la volontà di sempre di criminalizzare l'associazione a questo stato di cose. Questa operazione riguarda non esclusivamente le nostre persone, ma tutti coloro che pur tra differenze e contrasti sono uniti tra loro nella comune opposizione e lotta alla guerra, alla mancanza dei diritti per i lavoratori, al razzismo ed alla miseria che lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo genera, costituisce per tutti un pericoloso precedente politico, per la sua cecità, arroganza e chiara volontà persecutoria. Chiediamo alle situazioni di movimento, radio, centri sociali, associazioni etc, di esprimersi e di intervenire con il dibattito e la mobilitazione, per smantellare questo castello di sabbia basato sulle falsità e la menzogna, con la volontà di far tacere qualsiasi voce di dissenso e di lotta.

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Silvano ci racconta:
La brutta storia di Francesco Catgiu, nato a Orgosolo il 24/11/1941

Francesco Catgiu è in carcere dal 05/03/1984, condannato a circa 29 anni di reclusione perché dichiarato colpevole di appartenere alla "super anonima gallurese".
     A seguito di uno dei processi più inquinati e controversi della storia della giurisprudenza sarda. L'impianto accusatorio si reggeva in buona parte sulle dichiarazioni del pentito Salvatore Contini, a riguardo del sequestro Concato, tra i numerosi imputati figurava anche l'avvocato Bruno Bagedda. Il sequestro Concato risaliva al 1977. L'avvocato Bagedda, dopo 5 anni di reclusione, venne scarcerato a seguito delle dichiarazioni di Giovanni Contini, il quale affermava ai giudici di cassazione che le testimonianze del fratello erano false e che erano state fatte solamente per ottenere la libertà. Salvatore Contini venne ucciso nel carcere di Ajaccio, in Corsica, nel 1987. Tra l'altro l'avvocato Bagedda è stato difensore di fiducia di Francesco Catgiu.
     Alleghiamo qui di seguito, sommariamente, una lettera informativa scritta qualche anno fa dal compagno comunista Davide Fadda, anche lui sardo, paesano di Francesco e prigioniero politico condannato per reati legati alle Brigate Rosse e attualmente detenuto nel carcere di Opera, vicino Milano.

…il caso riguarda un nostro paesano condannato a una lunga pena detentiva nell'ambito del processo-nostro, forse, più inquinato che si sia celebrato in Sardegna: quello alla cosiddetta "Anonima Gallurese". Ci sono volute 3 sessioni di Cassazione per arrivare a una sentenza assai poco fondata… questo è solo, per così dire, per presentare Francesco… il quale soffre di claustrofobia che in certe condizioni comporta reazioni isteriche e incontrollabili se chi ne è colpito non viene posto, durante le crisi, in condizioni ambientali più tollerabili, cioè in spazi meno angusti e opprimenti. La reazione incontrollata è ancora più aggravata dalla consapevolezza e quindi dal timore che la crisi possa svilupparsi fino ad uno stato di soffocamento, spasmi, impossibilità al respiro e panico. Tutte situazioni che si sono già verificate in altre occasioni. Già nel 1990 Francesco scrisse al direttore del quotidiano "La Nuova Sardegna" la seguente denuncia:

"Egregio direttore faccio appello al suo giornale per comunicare all'opinione pubblica le angherie subite dai detenuti nelle vostre galere democratiche, non voglio discutere sulla necessità o meno del carcere, bensì del trattamento che ci viene riservato. Sono quindi costretto a citarvi il mio caso personale. Mi chiamo Francesco Catgiu e sono detenuto dal 05/03/1984 e soffro di claustrofobia… tiro avanti alla meno peggio fino al 09/01/1988… quando una violenta crisi mi ha assalito… ero nel carcere di Rebibbia a Roma, reparto G-12… non sono stato soccorso se non dopo alcune ore… dopo alcuni giorni il neurologo dava disposizioni, sulla cartella clinica, affinché la porta blindata della cella restasse sempre aperta… nonché il soccorso immediato in caso di crisi… il 14/01/1988 il consiglio disciplinare, contro ogni logica e ignorando il referto medico del neurologo, mi condannò a 12 giorni di isolamento da scontarsi subito. Anche il direttore del G8 dichiarò che un malato di claustrofobia non doveva né poteva stare rinchiuso in una simile struttura…
     A questo punto ho detto ciò che, al consiglio disciplinare, e cioè se non avessero intenzione di ammazzarmi come avvenne per il povero Antonio Allona, sardo di Budduso. Questo giovane è stato ucciso con un cinismo impressionante, in preda a una profonda depressione costui sbatteva la testa contro il muro dalle 22 della sera fino alle 2 del mattino… il centro clinico era vicinissimo e non sarebbe costata fatica, alle guardie condurvelo, ma anziché soccorrerlo lo esortavano a impiccarsi… cosa che poi avvenne… una mattina alle ore 7 circa lo trovarono appeso e già cadavere… ma inscenarono lo stesso il suo ricovero in ospedale!!!
     In una telefonata tra me e mia sorella denunciavo il comportamento che avevano avuto verso di me e l'omicidio del giovane Antonio Allona… la telefonata era ovviamente registrata e quindi scattò, nei miei confronti, una sottile e perfida ritorsione che avrebbe portato poco dopo al mio trasferimento forzato.
     Per un certo periodo, dopo la telefonata con mia sorella, fui oggetto di misteriose richieste di colloquio da parte di persone mai viste né conosciute e né delle quali avessi sentito parlare… fatti questi che provocarono allarme nella sorveglianza, che decise il mio trasferimento a Spoleto… il 18/03/1988 vengo tradotto ammanettato, incatenato e chiuso nella piccolissima cella, 50 x 80 cm, del cellulare, dal quale non si può vedere assolutamente nulla all'esterno… contravvenendo alle disposizioni del direttore sanitario, del neurologo e dello psichiatra… svenni appena rinchiuso battendo la testa… ripresi conoscenza soltanto all'arrivo… per togliermi le catene usarono la mola perché il maresciallo comandante della scorta aveva perso le chiavi!!!"

A questo punto della storia è già chiaro il proposito persecutorio nei confronti di Francesco.

"Del soggiorno nella galera di Spoleto non mi dilungo… dirò solo che a causa della malattia e delle conseguenti crisi isteriche ho collezionato una dozzina di denunce… vengo trasferito da Spoleto al carcere di Sollicciano a Firenze con le solite modalità… a Sollicciano celle di isolamento con le bocche di lupo, sezioni strette e anguste, celle buie e con piccole finestre… la malattia si aggrava e approdo finalmente al centro clinico… ma dopo 15 giorni il maresciallo comandante ignorando la mia cartella clinica mi riporta alle celle. La mia malattia era stata evidenziata oltre che dal neurologo e dallo psichiatra di Rebibbia, anche dallo psichiatra di Sollicciano dottor Granata. Una precisazione: il maresciallo comandante della scorta del 18/03/1988 è un tal Cosentino. Al reparto giudiziario di Sollicciano resto, tra continue crisi e alterchi con le guardie fino al 05/11/1990… riesco a parlare con un avvocato e lui a sua volta con un responsabile, cosicché il 05/11/1990 mi riportano al centro clinico… ma il 02/05/1991, in occasione di una visita della Commissione d'Inchiesta Parlamentare denuncio, ai politici che ne fanno parte le torture e i soprusi del quale sono stato oggetto e testimone… per ovvia ritorsione rieccomi quindi di nuovo al giudiziario!! Ancora in una piccolissima cella… il 28/05/1991 ho iniziato uno sciopero della fame ingerendo solo liquidi, sperando che qualcosa succedesse e che qualcuno mi ascoltasse…"

Francesco concludeva questa lettera segnalando vari casi di pestaggi su detenuti italiani, stranieri e anche ammalati, come il caso di un prigioniero epilettico sul quale la sola terapia usata erano le botte!! La lettera fu ignorata dal giornale e da allora il calvario di Francesco è continuato. Da Sollicciano viene trasferito a Livorno… crisi incontrollate…denunce… isolamento… fino a uno scontro verbale con le guardie, a seguito di una solita crisi, alla quale ha fatto seguito una bastonatura a cura della custodia… poi rimesso, ferito e senza alcuna minima cura, nella solita cella di isolamento con le bocche di lupo… e infine è arrivato a Novara, che è forse il più speciale degli speciali italiani… un viaggio di trasferimento incatenato, in ambulanza, anestetizzato per tutto il tragitto da un tipo in camice bianco pronto a iniettargli nuovo narcotico a ogni accenno di risveglio… a Novara si è risvegliato in modo cosciente solo dopo tre giorni in una cella di isolamento… ora è nell'unica cella di questa sezione speciale da dove allungando il collo si possono vedere i tetti delle case ..??!!! Da questo racconto si possono trarre alcune considerazioni:
     1) Che il sistema di questo particolare modello di carcere che si basa sulla logica premiale (vedi Gozzini e Simeoni) porta coloro che essendo ammalati si ribellano alle negligenze e alle mancanze di cura, all'incompatibilità di queste strutture… all'essere trattato con terapie palliative e spesso nocive… ai pestaggi, alle condanne disciplinari via via più pesanti che aggravano sempre più la situazione. Il caso di Francesco è esemplare ma non certamente il solo.
     2) A Rebibbia si è accertata la sua malattia… si sono prescritte sulla cartella clinica le precauzioni minime essenziali vitali… poi è finito nel lager di Novara… dopo aver subito pestaggi e vessazioni di ogni tipo passando per Sollicciano, Spoleto, Livorno… uno peggiore dell'altro!! I vari medici che lo hanno avuto in cura hanno tutti concordato che, almeno durante le crisi, gli venga sempre lasciato aperto e gli vengano date delle dosi di Valium 3 volte al giorno… precauzioni estese anche ai trasferimenti… ma, come si è visto, niente è stato rispettato.
     3) La struttura del carcere di Novara poi è assolutamente inidonea ad accoglierlo a causa di alcuni muri di recinzione altissimi… il muro dista 4 o 5 metri dalle finestre delle celle… la socialità avviene solo nelle celle e non in spazi più ampi e aperti… i cortili dell'aria sono scatole di cemento dai quali si vede il cielo attraverso una griglia… alcune crisi di claustrofobia si sono manifestate proprio all'aria…
     4) Qui a Novara la direzione ha ammesso che questo caso non è gestibile neanche con i metodi brutali che sono stati applicati nelle altre carceri dove Francesco è passato… l'unico trattamento è il valium… Francesco non chiede la libertà ma solamente di essere assegnato a un carcere "normale", cioè dove le celle restano completamente aperte durante la giornata, dove da oltre i muri si possa vedere il paesaggio esterno, oppure in una colonia penale rurale dove si lavora all'aperto tipo l'Asinara, Porto Azzurro, la Gorgona… Francesco venne poi allontanato anche da Novara con destinazione il carcere San Vittore a Milano dove arrivò svenuto… subito ha una lite con l'appuntato che lo obbliga a coricarsi su un materasso lurido, sudicio e puzzolente… quindi è immobilizzato al letto di forza per 8 ore. L'indomani dallo psichiatra e poi al centro mentale di osservazione… invivibile: 4 persone in una celletta singola!!… Ritorna al centro clinico dove gli psichiatri consigliano l'internamento in un carcere rurale aperto… ritorno a Novara e immediato trasferimento a Voghera dove, dopo numerose crisi drammatiche, 6 punizioni d'isolamento e una ennesima crisi di soffocamento quasi mortale, viene assegnato in una cella aperta giorno e notte con vista oltre i muri… Il valium diminuì a 160 gocce al giorno… era al terzo piano, ma dopo poco tempo venne approvata la legge sull'alta pericolosità sociale (tipo il 41 bis) e subito a Francesco venne tolto ogni beneficio, riportato al secondo piano senza visuale, di nuovo le violentissime crisi… 500 gocce di valium al giorno… con il passare degli anni a causa delle crisi convulsive, dei pestaggi, dei trasferimenti forzati e degli svenimenti, Francesco si è causato numerose gravissime lesioni agli arti inferiori… circa 40 punti di sutura per ogni gamba, una frattura complessa al ginocchio destro per cui si richiede una protesi… Francesco si sposta con le stampelle… nel ginocchio destro per ora, al posto della protesi, vi è un chiodo… aveva bisogno di continue cure e di un intervento chirurgico… che non si poteva fare a Voghera… il maresciallo Solinas disse che nel carcere di Sulmona vi era un centro clinico specializzato in interventi di questo tipo… il giorno 07/01/2000 arriva a Sulmona e lo sbattono in una cella di isolamento vuota senza finestre né il letto, né un tavolino… iniziò a lamentarsi e poi arrivò una crisi e lo curarono lanciandogli addosso bottiglie piene d'acqua, dal cancello, e poi innaffiandolo con un idrante… due sbirri si davano il cambio con l'idrante e il terzo tirava le bottiglie piene d'acqua… venne colpito alla testa e dalle lastre dei raggi x risultò un grosso ematoma interno… in 18 mesi ha avuto 3 ricoveri in ospedale durante i quali non si è più usata l'ambulanza, ma sempre il cellulare in cui veniva caricato di peso come un bestia da macello, "a strascico" come un morto di nessun riguardo!! L'ortopedico ordinò subito la sedia a rotelle e consigliò che l'intervento chirurgico si facesse con la massima urgenza… ma secondo gli sbirri Francesco fa finta di non camminare… da quando è a Sulmona ha sempre rifiutato il vitto dell'amministrazione penitenziaria, ha avuto molte crisi soffocanti e si trova ora in condizioni fisiche pietose, durante una crisi ha rischiato di incendiare la cella e così il brigadiere Cuomo gli ha scaricato addosso un estintore e poi ha continuato con il solito idrante… a Firenze il comandante Cocco lo sottopose a identico trattamento… a Livorno il maresciallo Canu, il brigadiere Carlo Paddeu e l'agente Congiu lo bastonarono e lo torturarono al punto da lasciargli una spalla invalida, una gamba nera e 5 bruciature di sigaretta tra le dita dei piedi… ha ultimamente scritto al ministro Fassino senza naturalmente ottenere alcuna risposta… negli ultimi anni si sono occupati del suo caso vari parlamentari tra cui Paolo Cento, Giuliano Pisapia, Luigi Manconi… senza ottenere nulla…
     A Sulmona è in sezione con Gianni Piacente e con Carmelo Musumeci, con i quali è in buoni rapporti.
     Tutte queste notizie sono ricavate da lettere scritte dal Francesco stesso e dal quotidiano l'unione sarda del 05/12/1987

Francesco Catgiu detto "Sirbone"
Casa circondariale via Lomaccio 2
67039 Sulmona (L'Aquila) Italia
30/07/2001

Sembra di capire che i primi anni di reclusione siano i meno duri, per il cittadino detenuto, siccome è con il perdurare della prigionia che subentrano inevitabilmente e inequivocabilmente disturbi e malattie sia di tipo fisico che di tipo psichico, destinate poi a cronicizzarsi… vari sono i motivi, dal vitto schifoso caloricamente squilibrato, preparato con prodotti nocivi, all'immobilità forzata a causa degli spazi angusti, al distorto uso della vista, ai frequenti e selvaggi pestaggi, alle continue umiliazioni igieniche che ben si conciliano con la diffusione di epidemie e di germi e batteri di ogni sorta… il carcere risulta quindi essere uno sgangherato trita carne nel quale chi ha la disgrazia di caderci dentro non può che uscirne rovinato… parlare di volerlo riformare è semplicemente stupido e offensivo, per degli esseri umani pensanti!! Leggendo queste testimonianze anche un idiota dovrebbe capire che l'unica soluzione del problema è nella distruzione totale e sistematica persino dell'idea di carcerazione… cosa non certo facile a farsi some si è visto durante le proteste contro il G8 nel recente 20/07/2001, quando si è attaccato il carcere di Marassi a Genova, a cui sono seguiti subito dopo pestaggi e torture feroci e gratuite su chiunque sia caduto nelle mani degli sbirri preposti al controllo e alla repressione… è chiaro che il carcere è ovunque… è la società stessa delle merci e dello sfruttamento di tutto a vantaggio di pochissimi individui senza scrupoli… società marcia putrida fino nelle radici proprio come gli istituti di pena italiani e del resto del mondo… proprio come chi ci viene a parlare di pace, fratellanza, diritti umani, progresso, benessere, non violenza, uguaglianza… rieducazione, recupero, riinserimento… idee fantasiose… da visionario, o meglio da mistificatore… con le realtà sopra esposte è onesto o ragionevole nemmeno parlarne, come in effetti sta facendo il nuovo governo fascista e come è stato fatto per oltre 20 anni di dittatura della democrazia cristiana… non ne parlano… il carcere è un universo oscuro che sembra non esistere… purtroppo, invece, la sinistra ha fatto del carcere-recuperatore-reinseritore un suo cavallo di battaglia per rastrellare voti a bottegai, industriali umanisti, preti riformisti… con il risultato di diffondere fiducia, rassegnazione, confusione, qualunquismo e sottomissione tra il proletariato prigioniero… Si è imposto che servilismo, consenso e ipocrisia siano sinonimo di libertà…

Silvano Pelissero

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Lavoro in carcere

Il nuovo regolamento penitenziario a proposito del lavoro in carcere conferma il principio dei lavori forzati già da tempo presente sotto la copertura democratica del diritto al lavoro, la società democratica che condanna e segrega gli individui non rinuncia certo a sfruttare la loro capacità lavorativa, di produrre quelle merci su cui si fonda il dominio capitalistico. Infatti l'articolo 50 obbliga i detenuti a lavorare all'interno del carcere e se ciò oggi non avviene, è a causa della mancanza di strutture all'interno delle prigioni e dello scarso numero di imprese che decidono di sfruttare il lavoro dei detenuti a beneficio dei loro profitti che, evidentemente, pensano di poter realizzare meglio altrove. Con la nuova normativa lo Stato sperava di incrementare l'utilizzo del lavoro carcerario da parte delle imprese, offrendo sgravi fiscali e la possibilità di pagare la manodopera a basso costo, ricavandone al tempo stesso profitto grazie alla trasformazione della popolazione carceraria in forza lavoro i cui guadagni sarebbero quasi completamente assorbiti dallo Stato sotto forma di spese per il mantenimento negli istituti, spese processuali, eventuali multe .In ogni caso è la stessa amministrazione carceraria a sfruttare direttamente il lavoro dei detenuti affidandogli mansioni(spesini, bibliotecari, portavitto) che altrimenti dovrebbero essere affidati a cooperative esterne a costi decisamente più elevati. Nonostante la quasi totale mancanza di uno stipendio, la richiesta di lavoro da parte dei detenuti è molto elevata , sia per motivi economici sia soprattutto per l'esigenza di impegnare il tempo in un'attività anziché passarlo all'interno di una cella. Ma con quali criteri la direzione carceraria decide di assegnare un lavoro ad un detenuto piuttosto che ad un altro? Secondo il regolamento penitenziario si dovrebbe tenere conto delle condizioni economiche e del nucleo familiare del detenuto prima ancora che delle sue capacità professionali. Molto spesso riesce a ottenere il lavoro chi ha instaurato rapporti di servilismo con il personale carcerario. Tuttavia la situazione può variare da carcere a carcere, in alcuni casi i detenuti hanno creato sistemi autogestiti di "rotazione" , grazie ai quali ognuno di essi riusciva a lavorare una volta ogni due o tre mesi.Questo avviene generalmente all'interno delle sezioni speciali dove la componente è maggiormente "politica", evitando così una gestione mafiosa della spartizione dei lavori interni.
     Questa la situazione di fatto. Da parte nostra trattiamo questo argomento non certo per rivendicare un miglior trattamento economico o maggiori garanzie per il lavoro dei detenuti, poiché sappiamo bene che esso è uno dei tanti aspetti della condizione cui si trovano sottoposti i prigionieri. Perciò parlando del lavoro in carcere intendiamo affrontare uno degli aspetti della detenzione , cercando così di fornire ,se ce ne fosse ancora bisogno, argomenti a sostegno dell'ineliminabile necessità della sua distruzione.

Alcuni sfruttatori del lavoro dei detenuti
Nel carcere di san Vittore, c'è una sartoria che produce costumi teatrali, ma anche i loghi della società calcistica dell'Inter e stoffe per il noto stilista Giorgio Armani.
     La T.I.M. sfrutta il lavoro dei detenuti impiegandoli nella gestione di banche dati.
     All'interno del carcere di Santa Bona, c'è un laboratorio di falegnameria che fino a pochi mesi fa era gestito dalla cooperativa "Progetto Legno", il presidente Vittorio Tassinari è indagato per lesioni personali per via di un detenuto che ha perso quattro dita alla macchina troncatrice. La nuova cooperativa gestrice del laboratorio è la "Alternativa" di Vascon (TV), presidente Antonio Zamberlan.
     Il vice sindaco d'Imperia, Alessio Saso, ha messo al lavoro 8 detenuti del carcere di questa città. La mansione affidatagli è la pulizia dei torrenti, sono controllati dagli agenti della Polizia Penitenziaria, lavorano cinque giorni alla settimana e il week-end lo trascorrono in carcere, la paga è di 500.000 lire al mese. Il progetto di impiegare i detenuti per "lavori socialmente utili", interesserà a breve tutta la regione.
     AGESOL (agenzia di solidarietà per il lavoro) è un'associazione legata a numerose cooperative sociali (anche formate da detenuti) che sostiene l'inserimento sociale e professionale dei detenuti; i soci fondatori sono Confartigianato, Caritas, CIGL, CISL, UIL, Confcooperative di Milano ecc. Con la scusa dell'inserimento nel mondo del lavoro di persone disagiate, vengono giustificate le paghe da fame, infatti si prevede un tirocinio formativo di uno o due mesi non retribuito; successivamente un tirocinio lavorativo che può andare da 1 a 12 mesi con un contributo economico di 350 / 600 mila mensili. L'ultima tappa è poi una borsa di lavoro che dura dai 3 a i 12 mesi con una paga di 500 / 800 mila mensili.
     Vi consigliamo di consultare il sito http://www.agesol.it in cui potrete trovare delle informazioni utili… sede legale: via Maddalena, 9 Milano.
     …Se avete informazioni in merito a ditte, aziende e cooperative che sfruttano il lavoro dei detenuti in Italia, vi invitiamo ad inviarcele.

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È arrivato il "giustiziere"…

…ossia, il ministro della "giustizia" Roberto Castelli, che con i suoi programmi e le sue dichiarazioni, sembra essere la versione "politica" del personaggio interpretato da Charles Bronson, nella serie di quegli orribili film de "il giustiziere della notte", dove Bronson si aggira di notte nei quartieri malfamati a sparare all'impazzata su tutti quelli che lui giudica essere dei delinquenti. Castelli non gli spara (almeno per quello che ne possiamo sapere, di giorno Bronson era un rispettabile ingegnere, proprio come il signor ministro…), ma sta lavorando sodo affinché, una volta assicurati nelle grinfie della legge, possano ad ogni modo soccombere. Alla fine di una conferenza, mimando un buffetto sulla guancia di un ragazzino dice: "No, non può finire così se hai ucciso tuo padre o tua madre", riferendosi, probabilmente, a quelli che sono i suoi progetti sulla riforma delle leggi sui minori, che giudica troppo "morbide". Trascorre le vacanze su un'isola penale, per stare vicino ai suoi uomini della polizia penitenziaria e si fa attrezzare una stanza a Rebibbia per viverci dentro, per ragioni di sicurezza e per poter meglio comprendere i problemi dell'istituzione carceraria. Nelle giornate di Genova si presenta alla caserma di Bolzaneto, per accertarsi che i suoi uomini stessero svolgendo un buon lavoro, del quale poi, si è detto soddisfatto. Al limite, "forse, si sono registrati singoli episodi d'intolleranza".
     Forcaiolo, stupido, arrogante ed esaltato quanto il personaggio di Bronson, costui è, purtroppo, reale e ha preparato un programma sulla giustizia di "ben" 12 pagine! Ha le idee chiare, il giustiziere, non si perde in chiacchiere o analisi. "La questione penitenziaria mi sta a cuore. Credo proprio che non delegherò nessuno. Me ne occuperò in prima persona. Sia per quanto riguarda i detenuti, sia per quanto riguarda tutti gli operatori penitenziari e i dirigenti i quali vanno tutelati, ascoltati, aiutati, seguiti".
     Vediamo, quindi, come il ministro intende occuparsi dei detenuti.
  1. Programma di de-compressione:
    • su 56.000 detenuti, 17.000 sono extracomunitari, Castelli ha deciso di rimpatriare tutti quelli con reati lievi, con precise garanzie di "rinuncia al re ingresso in Italia".
    • la riapertura di alcuni penitenziari in disuso, in primis, Pianosa. ("Struttura perfetta, basta una mano di bianco" assicura Castelli ad un giornalista del Messaggero)
  2. Programma d'ampliamento delle sezioni destinate al 41 bis: cioè, la separazione dei circuiti in base alla pericolosità dei detenuti. Castelli, sta organizzando la relegazione dei prigionieri sottoposti al 41 bis, in carceri destinati esclusivamente a questo "trattamento".
    Il giustiziere, ha già presentato una relazione sui lavori d'adattamento per il carcere di Macomer, (provincia di Nuoro) struttura costruita negli anni ottanta, destinata ad ospitare detenuti in attesa di giudizio o condannati per piccoli reati. Il costo per i lavori d'adeguamento a lager è di 13 miliardi, la fine dei lavori (non ancora cominciati) è prevista per la fine del novembre 2002.
  3. Programma d'obbligatorietà al lavoro. "Occorre stabilire il principio che la pena vada scontata con obbligo del lavoro nelle carceri italiane i detenuti se ne stanno "tutto il giorno in cella a fare niente". E' controproducente…Il lavoro deve rispondere a un'effettiva utilità sociale, tale da costituire un concreto risarcimento che il condannato deve corrispondere alla società". Il giustiziere, però,oltre ad ignorare che l'obbligo del lavoro in carcere esiste già sulla carta, non spiega né come e né dove vuole costringere i prigionieri ai lavori forzati e, tanto meno, parla di salario…ma, afferma, che chi lavorerà avrà la possibilità d'accedere alle pene alternative e alla libertà anticipata e condizionata.
    Chi si rifiuterà di lavorare, immagino, sarà spedito a Macomer…
    Riguardo alle strutture penitenziarie, il ministro ha un piano per allontanarle dai centri cittadini vendendo carceri vecchie per costruirne di nuove con sistemi di sicurezza all'avanguardia. La prima struttura interessata è San Vittore il cui prezzo è stato fissato intorno ai 300 miliardi, la vendita sarà gestita in accordo con il sindaco di Milano. Il progetto che si avvale della partecipazione del ministero dell'economia, interesserà in seguito anche altre strutture come Regina Coeli, Poggio Reale, l'Ucciardone.
Il consiglio dei ministri ha recentemente approvato un decreto legge contro il terrorismo internazionale. E' prevista la reclusione fino a 15 anni per chi promuove, costituisce o finanzia associazioni che abbiano lo scopo di commettere attentati contro Stati o organismi internazionali. Viene punito anche chi offre ospitalità a persone indagate per questo reato. Inoltre vengono attribuiti maggiori poteri investigativi a polizia, carabinieri e guardia di finanza che potranno effettuare intercettazioni preventive e operazioni come l'acquisto di denaro, documenti ed armi utilizzando case e documenti di copertura. Le persone indagate per il reato di terrorismo internazionale saranno equiparate agli indagati per associazione mafiosa, con la possibilità di subire la confisca dei beni. Ecco dunque , con il pretesto dell' emergenza internazionale, un'altra legge antiterrorismo che testimonia l'innalzamento del livello repressivo e che potrà sicuramente tornare utile allo Stato per fronteggiare i movimenti rivoluzionari.

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Colpevoli di solidarietà... l'eterna attualità!

Martedì 18 settembre un operazione della Digos su ordine del sostituto procuratore Stefano d'Ambruoso (uno dei soliti pezzi di merda che spesso ci ritroviamo attaccati sotto le scarpe!) ha portato ad una centinaia di perquise in tutta Italia, con circa sessanta compagni indagati per associazione eversiva (270 bis) e quasi una ventina di avvisi di garanzia, accusati di essere gli autori di alcuni attentati, contro strutture e servi dello stato, in solidarietà dei detenuti nel F.I.E.S. e rivendicate con il nome di "solidarietà internazionale".Precisamente dopo cinque anni (17/09/96 quando ci furono numerosi arresti) la magistratura italiana sta preparando, per la gioia della "pornostar" Antonio Marini, una nuova montatura ai danni di molti anarchici (anche il numero è quasi lo stesso di allora...). Ma non è detto che questa nuova montatura non sia stata costruita anche per essere una conferma dell'assurda tesi portata dalla pornostar sopra indicata, visto il breve tempo che ci separa dalla riapertura del processo "Marini" il quale si era chiuso l'anno scorso con tredici condanne e l'assoluzione tutti gli altri compagni imputati. Il terrorismo messo in atto in questi giorni dalla stampa e dalle televisioni di tutto il mondo in seguito agli attentati negli Stati Uniti, ha permesso ai signori della repressione di avere campo libero nella lotta che loro definiscono anti-terroristica che colpisce chiunque rifiuta attivamente il finto benessere esistente in questa società ed in questo mondo.
     L'omicidio di Carlo Giuliani a Genova, il non annullamento del vertice N.A.T.O. a Napoli ed addirittura l'invito da parte del governo a tenere un altro vertice del G8 in Italia, la legge varata contro l'immigrazione sono tutte forme che ci stanno invitando ad un braccio di ferro che vinto da loro porterebbe ad una potenziale dittatura piu' di quanto lo possa essere ora o lo sia potuto essere in passato. Quindi facciamoci furbi ed evitiamo quello che è accaduto sia durante la montatura Marini che dopo gli arresti di tre compagni indagati per i fatti della Val di Susa con la morte di due di essi, un'altra spaccatura non servirebbe a nessuno ed isolerebbe solamente chi in questi momenti è più colpito rispetto a noi altri dalla repressione. Infatti lo stato da un lato sta lanciando queste forti provocazioni, mentre dall'altro lato previene ogni forma di protesta con la costruzione di montature giudiziarie e quindi con il carcere. Ma tutto ciò non servirà di certo a seppellire il nostro dissenso contro lo stato e contro ogni sua forma carceraria (fabbriche, scuole, galere,...), non servirà a nascondere cosa si cela dietro quelle fortezze con finestre sbarrate dove quotidianamente a migliaia e migliaia di individui è negata la libertà. Libertà che viene negata non solo con quattro mura di cemento, ma anche con le torture da parte delle guardie carcerarie, con l'omicidio, la negazione di cure, di colloqui e molte altre forme di repressione nei confronti di chi anche dall'interno di una cella esprime costantemente il suo schifo contro questo sistema. Niente di niente potrà distrarci dall'orribile esistente, niente e nessuno potrà negare di dare la nostra solidarietà verso i detenuti ed in questo momento specialmente quelli detenuti nei moduli F.I.E.S.

Per la distruzione di tutte le galere
Complicità con i compagni indagati!!!
Biblioteca Anarchica per l'Azione Diretta Globale
Napoli, 19/09/2001

N.B. Ricordiamo che tra i compagni perquisiti e indagati c'è anche Federico Pais, sequestrato a seguito della rapina di Luras. La sua cella è stata messa sottosopra per ben tre ore!!

Quello che segue è uno stralcio degli "avvisi di garanzia", consegnati ad alcuni dei numerosi compagni anarchici perquisiti su ordine del pm D'Ambruoso.

".......per i reati di cui all'art. 270 bis del c.p. per aver partecipato- unitamente ad altre persone di cui allo stato non identificate- ad un'associazione anche denominata "Solidarietà Internazionale" diretta a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato, a compiere atti di violenza con fini di oppressione di ogni ordinamento politico-giuridico della società o espressione dello stesso (quale il sistema carcerario), ed in particolare attentati contro obiettivi vari, quali, luoghi di culto, caserme delle FF.OO, uffici pubblici, in Milano prima dell'Ottobre '99 ad oggi..."

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Tre arresti in Spagna

Il 3 ottobre sono stati arrestati due compagni di Madrid e un terzo di Oviedo dopo aver subito delle perquisizioni nei loro domicili. Sono accusati secondo la stampa di formare una "cellula anarchica" alla quale si vuole attribuire la collocazione di: un ordigno in un edificio di una compagnia telefonica, un altro in una concessionaria l'11 giugno, il 22 giugno in una succursale bancaria e uno il 25 luglio in una concessionaria Fiat (azione rivendicata in solidarietà con Carlo). Riemergono le conosciute "connessioni" Italia-Spagna-Grecia (a questo proposito ricordiamo l'accordo fra le polizie di questi tre stati, più il Portogallo, contro il "terrorismo anarchico") e fa apparizione la penultima invenzione del terrorismo poliziesco-mediatico: il "triangolo anarchico mediterraneo". Evidentemente si tratta di una montatura destinata a frenare bruscamente l'azione rivoluzionaria che si estende per tutta Europa. Fermare questa montatura, denunciare la campagna repressiva, solidarizzare con i compagni colpiti, deve essere tutt'uno con il potenziamento della stessa azione rivoluzionaria che si vuole frenare con la repressione.

Viva l'anarchia.

Questo è il comunicato inviatoci dalle Asturias. I tre compagni sono stati poi rilasciati l'11 ottobre dietro pagamento di una cauzione di 1.200.000 lire a testa. Restano comunque indagati. Nei primi cinque giorni di arresto è stata applicata loro la legge antiterrorismo che prevede la permanenza nel commissariato e il divieto di comunicare con l'esterno. I compagni non sono stati torturati, hanno subito degli interrogatori durante i quali sono state rivolte loro anche domande relative ai compagni italiani detenuti in Spagna , ai compagni dello stato spagnolo che li sostengono, nonché sull'IAI (Internazionale Antiautoritaria Insurrezionalista).

Solidarietà a Rebel, David e Nacho.

Riproduciamo qui di seguito il testo di rivendicazione di alcuni attacchi in solidarietà dei tre.

Nella notte fra l'8 eil 9 ottobre è stata colpita a Salamanca una succursale della Caixa in solidarietà con i prigionieri di Madrid e Oviedo e con l'anarcosindacalista condannato a due anni di carcere a Vigo.

Due settimane più tardi nello stesso luogo tutti i Mc Donalds sono stati evacuati per un allarme bomba.

La rabbia e la lotta anarchica si estendono. Solidarietà e anarchia.

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Silvia libera!

Mercoledì 4 luglio a Bergamo, su una collina che sovrasta la città, sconosciute entità notturne e ribelli incendiano un ripetitore, oscurando numerosi canali tv, e rivendicando l'azione con la scritta lasciata sul luogo "contro tutte le nocività e la telecom" firmato con una A cerchiata.
     Naturalmente ogni attacco alle strutture di potere, ha delle conseguenze repressive, ed anche in questo caso, ha subito inizio una sorta di rappresaglia, le guardie dello stato si mettono alla ricerca delle solite fantomatiche prove (4 bulloni e una bomboletta di vernice spray) che vengono prontamente rinvenute durante la perquisizione nell'abitazione di Silvia, giovane compagna che un mese prima veniva sorpresa nell'atto di scrivere parole di condanna allo sfruttamento su un muro del municipio di Bergamo. Sulla base di questo ritrovamento, il pm Caccamo, il 22 ottobre mette Silvia agli arresti domiciliari in custodia cautelare, i giornali locali come di consueto non smentiscono il loro infame ruolo di servi del capitale e non esitano a collegare i due fatti definendoli "atti terroristici" e dare finalmente un volto al "ricercato ecoterrorista".
Individualità anarchiche

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Riportiamo da Agitazione, foglio anarchico (agitazione@hotmail.com)
Condannati i quattro compagni sardi della rapina di Luras

Il 5 luglio è stata fissata l'udienza preliminare per i quattro compagni sardi per la rapina di Luras. Una ventina di persone tra amici e parenti si è ritrovata sotto il tribunale di Tempio per esprimere solidarietà e salutare i propri compagni. L'occasione si è presentata all'arrivo dei cellulari nel parcheggio del tribunale. Le guardie, accortesi della nostra presenza, hanno pensato bene di parcheggiare i cellulari in modo da non farci vedere i compagni mentre entravano in tribunale, giusto per far vivere la galera fino in fondo. Comunque, sia Federico che Tore e Michele (Riccardo non si è presentato), sono riusciti a vederci tutti quanti e a ricambiare i nostri saluti, alla faccia dei secondini! Sia al parcheggio che all'uscita dell'aula dell'udienza. A mio avviso, non è mancato l'intervento degli avvocati che terrorizzavano i parenti, col fatto che il nostro comportamento avrebbe sicuramente peggiorato la situazione dei compagni. Ovviamente eravamo circondati da sbirri di ogni sorta con relative telecamere che filmavano in modo più o meno palese ogni nostro movimento. Comunque l'udienza è stata rinviata a lunedì 13/7. Saputo questo ci siamo spostati tutti al parcheggio per poter dare l'ultimo saluto ai compagni prima che venissero ricaricati in tutta fretta sui cellulari. Abbiamo fatto in tempo anche questa volta, riuscendo a chiamarli e salutarli, mentre il secondino alla guida chiudeva i finestrini per non far sentire le nostre voci, non tenendo conto però che i colpi sulla lamiera dei cellulari il loro effetto lo fanno. Inoltre per qualche minuto la strada è rimasta bloccata da un furgone e lì abbiamo dato il meglio di noi, mentre sbirri e secondini si impanicavano temendo il peggio. In effetti la rabbia e la gioia di essere riusciti a farci sentire, di aver rivisto i nostri compagni dopo cinque mesi di detenzione, ci ha fatto salire l'adrenalina, così che uno sbirro si è preso un cazzottane in faccia proprio mentre ci riprendeva, con relativa perdita di occhiali che poi sono stati frantumati in mille pezzi: In seguito tre persone presenti saranno identificate e denunciate.
     Venerdì 13 Federico, Tore e Riccardo sono stati condannati a 5 anni e 4 mesi, Michele a 7anni e 4 mesi più un anno di libertà vigilata.

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Riceviamo e pubblichiamo

"Nel corso della notte del 4 luglio abbiamo colpito con 8 litri di benzina più innesco la Banca Sardegna a Roma. In solidarietà con Federico Pais, Michele Deroma, Salvatore Nurra e Riccardo Stotgia che il giorno dopo verranno processati per la tentata rapina a Luras e con Pierleone Mario Porcu detenuto per la sua coerenza anarchica. Solidali per natura - Incendiari per passione".

…e poi…

L'attacco al carcere di Marassi il 20 luglio 2001
Genova, venerdì 20 luglio.

     Scontri pesanti e devastazioni in città sono in corso già da diverse ore.
     Banche e automobili bruciano a decine, i supermercati vengono saccheggiati; la città è ormai nel caos.
     È nel primo pomeriggio che un corteo neanche troppo grande, uno dei tanti che si aggirano per la città seguendo chissà quale logica, sbuca da una via piuttosto stretta in un grosso piazzale in fondo al quale si trova un edificio dell'aspetto inconfondibile: è il carcere. Il piazzale sembra veramente immenso con poche auto parcheggiate qua e là. Di fronte al carcere si trovano 4 o 5 cellulari dei carabinieri, alla vista di quella struttura dal corteo si levano alte grida, alcune sono parole comprensibili, altre solo vocali, ululati di guerra veri e propri. I gesti si sposano bene con le urla, i bracci tesi indicano quelle mura e fanno cenni come a dire "Andiamo!".
     Dal corteo si stacca qualche decina di persone, non di più; si precipitano di corsa verso la galera, letteralmente scagliandosi contro i cellulari dei caramba! Questi, senza il minimo tentativo di resistenza, si danno alla fuga tra spettacolari manovre ed inversioni a U nel piazzale sgombro d'ostacoli.
     In un attimo sono scomparsi e i manifestanti restano padroni del campo, esultano, le braccia al cielo impugnano bastoni e bottiglie di alcolici saccheggiate in precedenza, il clima sembra quello di una grande vittoria.
     In men che non si dica il portone del carcere è in fiamme. I vetri delle finestre al piano terra sono infranti a bastonate, quelli al primo piano a sassate. Qualcuno scaglia bottiglie molotov attraverso le sbarre di una finestra e dalla stanza (un ufficio a quanto si sente dire) si alza un denso fumo nero subito sostituito da quello bianco, che gli sbirri stanno svuotando un estintore dietro l'altro per spegnere l'incendio.
     Veloce la gente si ritira e si riunisce a "grosso" del corteo che proseguirà attraverso una Genova sottosopra.
     Tutto si è svolto in un tempo incredibilmente veloce e con una facilità da rimanere stupefatti, ancora più meraviglia vedere un gruppo di anziani genovesi che, ai margini del piazzalone, osservavano la scena e ridevano indicando l'edificio offeso dai ribelli.
     In fondo quello dell'attacco al carcere di Marassi è stato uno dei gesti più belli e umani di quelle giornate. Speriamo che alla prossima volta non resti una sola pietra in piedi, la fine che devono fare tutte le galere!

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È morto Barry Horne

Il compagno Barry condannato a 18 anni di carcere per aver lottato con tutte le sue forze contro la vivisezione come attivista dell'ALF è morto domenica 4/11 nell'ospedale Worcester, Inghilterra, dopo aver iniziato lo scorso 21 ottobre uno sciopero della fame, che questa volta gli è costato la vita.
     Barry in un gesto etico di lotta per un mondo migliore aveva firmato un documento nel quale proibiva esplicitamente di essere trattato con le norme della medicina convenzionale in questo sciopero della fame, dopo vari scioperi da quando è stato arrestato nel 1997.
     Barry anche se non ci sei più, la tua lotta rimane.

Fratello Barry Horne
TI SALUTIAMO CON IL PUGNO IN ALTO
E COME SEMPRE ABBIAMO DETTO…
L'ALF NON DORME MAI!!!!!!!

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Tratto da "Su gazetinu"
Cooperariva Artigiana Fuoco e Affini (occasionalmente spettacolare)

La Cooperariva Artigiana Fuoco e Affini (occasionalmente spettacolare) ha deciso di salutare nel modo più adeguato l'oscena sfilata di capi di Stato, leaders e ambasciatori rintanati nella cittadina blindata. Dal re all'ultimo dei servi, tutti meritano d'essere colpiti, che ordinano e eseguano le strategie del dominio politico ed economico le loro mani grondano di sangue nel nome del profitto. Il macello delle torture di Genova e l'assassinio di Carlo Giuliani sono un'altra manifestazione della cruda repressione, di quella di cui soffre quotidianamente nelle strade e nei carceri di tutto il mondo, e che però ancora scandalizza le candide anime delle democrazie occidentali, di coloro che, ben lontani dal volere la fine definitiva dei repressori e dei loro sostenitori, insistono nella richiesta di alcune garanzie di salvaguardia, soprattutto quando i pacificati cittadini loro simili esercitano i propri diritti.
     Abbiamo nominato Carlo senza per questo intendere strumentalizzare le sue scelte di lotta né la sua morte, come invece stanno facendo gli avvoltoi di ogni tipo sul suo cadavere. Sottolineiamo semplicemente alcuni dati di fatto: Carlo è stato assassinato, la mano di un gendarme ha consapevolmente posto fine alla vita di un refrattario allo sfruttamento; Carlo, se non fosse stato assassinato, sarebbe un individuo in più di quei "violenti" che i recuperatori ripudiano tanto; che manifestano un rancore diretto ed escludono ogni possibile mediazione, i recuperatori non han potuto ridurre all'ordine e cavalcare la reazione alla morte di Carlo. L'assenza di mediazione è ciò che terrorizza il potere, da qui il suo rincorrere all'arma ricattatoria delle punizioni collettive, e da qui il suo marcare con l'anatema di "terrorista" qualsiasi ribelle sociale che si distacchi sia pure in misura minima dai meccanismi istituzionali in cui si vorrebbe rinchiudere il dissenso. Ma non sono solo i potenti di oggi ad essere preoccupati.
     Lo sono anche le silenziose avanguardie classiche, con tutta la loro gerarchia, ogni volta di più obbligate a mutamenti d'immagine, se non di essenza, allo scopo di infiltrarsi in movimenti ad essi alieni, ed illudendosi che un giorno potranno dirigerli.
     I pompieri recuperatori presenti nei movimenti vogliono soffocare l'incendio rivoluzionario in diversi modi. Ad esempio opponendosi ad azioni e parole che non si prestano ad apparire negli strumenti della presunta controinformazione, che presumono si contrapponga al pensiero unico dei media. E' prassi comune, soprattutto di fronte a fatti repressivi, la proclamazione a destra e a manca di un innocentismo collettivo e vittimista che alberga tra le righe, implicitamente, il concetto secondo cui "i violenti" saremmo estranei ai movimenti sociali. Estranei quando non addirittura nemici. Per cui, pur se in tutta evidenza distruggiamo le materializzazioni tramite cui si attua lo sfruttamento, è perché saremmo dei poveri idioti che avremmo abboccato alle provocazioni delle forze di polizia. Ci considerano vandali al servizio della repressione. Ancor più facile, tuttavia, è suggerire che "i violenti" che ogni tanto agiscono nell'oscurità della notte ed alle spalle del nemico, subiremmo delle infiltrazioni da parte del Ministero dell'Interno o dei servizi segreti, quando addirittura non saremmo noi stessi degli agenti. Allorché tali oscenità non hanno su di noi nessun effetto (né crediamo che ad alcun compagno passi per la testa di spiegare, nomi e cognomi inclusi, la scaramuccia dello scorso mese o quella incendiaria di avantieri…), si va a seminare il dubbio su di un mezzo di lotta come la violenza rivoluzionaria. Dubbio che germoglia in inesplicabili complessi di inferiorità per una supposta codardia che solo essi hanno stampata in faccia, e tra compagni disposti a perdere tempo per un eccesso di buona fede militante, a maggior gloria dei mandarini recuperatori.
     Se davvero vi è gente sinistra, sono loro: preti che vantano le opere pietose dei propri fedeli, che richiamano all'osservazione dei propri sermoni, minacciando l'eterna condanna all'inferno per quanti, con i nostri peccati, offendiamo il loro Dio democratico, che si manifesta Intollerante con gli intolleranti e Tollerante con i tolleranti (sottomessi). Anche i leaders e portavoce dei movimenti sociali criminalizzano.
     Se diamo uno sguardo alla diffusione della lotta anticapitalista antiautoritaria in Europa, possiamo considerarci fra coloro che manifestano una ferma disponibilità sul terreno della mobilitazione armata. Possiamo citare Stella Nera e i Nuclei Rivoluzionari della Grecia; Nuova Alternativa Rivoluzionaria della Russia; nelle penisole italiana e iberica Corazon Libres, Solidaridad Internacional, Azione Rivoluzionaria Anarchica, ed ora anche noi della Cooperativa Fuoco Artigiani e Affini (occasionalmente spettacolare), desiderosi che il nostro percorso possa allacciarsi a quello dei compagni ora menzionati. Un piccolo elenco di coloro che abbiamo deciso dare un nome al nostro odio, presenti in un magma molto più ampio,assieme ai compagni che si ribellano ed attaccano nell'anonimato ed a coloro la cui firma non conosciamo. Magma che si diffonde ed incendia nei mille ed uno atti quotidiani che tutti realizziamo.
     Proprio perché rifiutiamo ogni posizione avanguardista abbiamo percorso le strade di Genova sfruttati fra sfruttati, rivoluzionari fra rivoluzionari. Ai mille volti del capitale, alle sue ipocrite e ramificate strategie di controllo rispondiamo nella consapevolezza di poter attaccare ovunque ("ovunque uno sfruttato si ribelli…" recita la canzone), coscienti che il pensiero di ogni oppresso traboccante di odio può facilmente combinarsi con i mezzi che risultano più efficaci sul sentiero della lotta. Di giorno o di notte, in massa, in gruppo o da soli, nelle strade si intrecciano ed evidenziano il proprio percorso, le danze di guerra degli sfruttati.
     Libertà per i detenuti in lotta contro le carceri di tipo F in Turchia, e per coloro che lottano nello Stato spagnolo per la fine del FIES e dell'isolamento, per la fine della dispersione, per la scarcerazione immediata dei malati cronici e di quanti sono stati reclusi per 20 o più anni.

LIBERTÀ A TUTTI I PRIGIONIERI!

Libertà per gli oppressi che lottano nelle strade della Palestina e nelle pampas Sud Americane

LIBERTÀ A TUTTI GLI OPPRESSI!

Luigi, Jristoforos, Sole, Eduardo, Mario… vivono nelle nostre lotte.

Bombe ai gendarmi!

Fuoco agli sfruttatori!

Merda ai riformisti!

Della prima rivendicazione (inviata prima dell'azione di Barcellona), la polizia italiana ed i suoi alleati mediatici mostrarono solo parti selezionate, non pubblicarono la lista completa degli attacchi e del nostro nome eliminarono il "(occasionalmente spettacolari)". L'esplosivo di San Fruttuoso era polvere, non plastico. Così quello di Barcellona, ed aveva una… (pinza de madera recortada =pezzo di legno accorciato?)

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Bastiglie da prendere, rivoluzioni da fare

Molti sono i motivi che ci possono spingere a guardare con animo sollevato alle giornate dello scorso luglio, a Genova. La prepotenza della legge non è stata sopportata, i mentitori professionali o per diletto sono stati sbugiardati, tante persone che si pensavano disperse qua e là si sono reincontrate e reincontrate per battersi.
     Ma se un motivo di particolare entusiasmo è possibile individuare e indicare, ebbene, questo è senza dubbio il ritorno al centro della pratica di liberazione, della questione del carcere.
     Coloro i quali hanno la passione della libertà pratica, della distruzione della galera sociale, hanno messo al primo posto, venerdì 20 luglio, l'assalto distruttivo a una delle più antiche carceri italiane, quella dove - nei lontani anni Cinquanta - si avviò la riforma degli spazi, con l'introduzione rivoluzionaria dei gabinetti e dell'acqua corrente in tutte le celle - le carceri giudiziarie di Marassi.
     Se il risultato non è stato pari a quelle che erano le volontà di quel momento e le speranze di tutti coloro che amano la libertà, i motivi sono essenzialmente tre: la mancanza d'organizzazione che ha fatto sì che molti compagni passassero dinanzi all'odioso edificio senza riconoscerne l'uso (cosa che, come testimoniano scritti provenienti dalla Francia e dalla Svizzera, induce ancor oggi molti di loro a mordersi le mani per l'immensa occasione sprecata); la totale non premeditazione di certe scelte, per cui, all'atto pratico, venne a mancare un qualsivoglia ariete per divellere il portone centrale; l'ingenua scelta di molti compagni che, con la mente offuscata dalle contrapposizioni spettacolari ideate dal governo e riprese dai suoi oppositori di professione, preferirono andare ad assaltare i cancelli fittizi che rinchiudevano il G8 e le sue ideologie, piuttosto che i cancelli reali che rinchiudevano tanti compagni.
     Pure, si è trattato di una scelta che, al tempo stesso, getta una luce di radicalità e di consapevolezza su chi l'ha compiuta e sull'intero movimento che l'ha espressa, e costituisce una possibilità di efficace ripresa del discorso rivoluzionario nelle carceri italiane, da tanto tempo languente.
     Se non crederemo mai nella fanfaluca della "politicizzazione" dei detenuti radicali degli anni Settanta ad opera delle cosiddette avanguardie provenienti "dalle lotte", è indubbio che allora l'attenzione dimostrata dai rivoluzionari esterni, supportando le rivolte, agevolando e procurando evasioni, dando risonanza ai temi e alle questioni del carcere, ebbe la funzione di offrire un'ampia possibilità di costruzione di un movimento davvero radicale. Un movimento che durò almeno un decennio per finire stritolato nella tenaglia dei Comitati di Lotta stalinisti promossi dalle Brigate Rosse e dalle tecniche di repressione introdotte dal ministero, Dalla Chiesa in testa. Se oggi molti aspetti risultano problematici, soprattutto per la crescente individualizzazione della pena, va detto che la contiguità fra molte delle questioni che vanno prendendo forma nel movimento nascente e la prospettiva della distruzione della carceri e della legge, lasciano bene sperare. E l'azione di Marassi conferma che non si tratta unicamente di discorsi.
     D'altronde è lo stato stesso, affidando ai GOM - dopo la grandiosa esibizione a San Sebastiano - il compito di mostrare alcuni aspetti poco pubblici della condizione carceraria, nella caserma di Bolzaneto, ad offrire a noi tutti la possibilità di ricollegare la repressione di Genova con la repressione quotidiana nelle carceri italiane e non. L'equazione fra società e carcere, intuitiva per tutti gli amici della libertà pratica, è stata resa visibile precisamente da coloro i quali, fino a ieri, cercavano in ogni modo di occultarla. Preoccupante segnale, che deve indurci a sforzarci di battere sul tempo, la spirale repressiva in atto, che riprende lo slogan dello sbirro globale Bush "o con noi o contro di noi".
     Infine, per chiudere con una nota in qualche modo incoraggiante, va detto che è molto positiva e interessante la maniera con cui un movimento per molti aspetti virtuale, e per molti altri prigioniero di ideologie flaccide e di mestatori volgari, si è fatto carico della solidarietà con gli arrestati, senza distinzione di nazionalità o di raggruppamento politico. Questo va in buona misura ascritto a merito dei compagni di altri paesi, e di un piccolo nucleo di genovesi indignati: viceversa il movimento istituzionale italiano, Disobbedienti in testa, si è già affrettato a tornare al vecchio metodo delle solidarietà divise per etichetta.
     Questo punto rimane centrale per tutti coloro i quali mirino a riportare la distruzione del carcere al centro dell'attenzione di quella parte di umanità che sia rimasta amica della libertà: i detenuti rimangono, per molti aspetti, fra i settori sociali più omogenei e più assimilabili alla vecchia concezione di "classe oppressa". Perché sia possibile fare delle carceri un luogo di permanente rivolta, insubordinazione, un luogo di sperimentazione di una nuova maniera di vivere nella società da nemici, occorre farsi carico della questione della liberazione di TUTTI, e non solo dei compagni, dei rivoluzionari, dei refrattari. Va detto con chiarezza che il carcere non è luogo adatto per NESSUNO, si chiami Previti, Pacciani, Pinochet o Provenzano. Il carcere non è solo una pena inaccettabile per chi ci sta, ma degrada e ricatta la vita di tutti. Per cui è interesse di ciascuno opporsi alla carcerazione di chicchessia, sempre, quand'anche un domani dovesse trattarsi di un Casarini o di un don Vitaliano, esseri peraltro spregevoli e certo in sé e per sé meritevoli della peggiore delle sorti.
     È un punto su cui occorrerà, probabilmente, fare i conti, e su cui è urgente interrogarsi fin da subito.

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A tutte le compagne e i compagni del movimento rivoluzionario antiautoritario.

Giorno 1, sabato 10/ 11/ 01:
Foglio di via dalla capitale a me e ad altri quattro tra compagne e compagni anarchici di Viterbo, Napoli, Firenze in seguito ad una perquisizione in strada con conseguente sequestro dell'auto, di una sacchettata di cuscinetti a sfera, un sottocasco, uno spray antiaggressione, un batòn estraibile, una catena e dei volantini anarchici. Per tre anni quindi niente Roma e dintorni salvo richiesta del ritiro del FVO da parte del T.A.R.. Costo dei bolli: 500.000 lire cadauno/a!
Giorno 2, lunedì 12/ 11/01:
Quattro suini in borghese della DIGOS di Viterbo perquisiscono la mia abitazione ed il laboratorio di tatuaggi dove lavoro motivando la perquisa con un decreto che mi accusa di essere il redattore del giornale anarchico "La voce della teppa", volendomi "accollare" reati di vilipendio alle cariche della repubblica ed istigazione alla apologia di reato, entrambi a mezzo stampa. Vengono sequestrati articoli di giornale, volantini, i testi dei gruppi punk hardcore con cui suono (Tear me down e Mackno Youth), un PC portatile e numerosi dischetti.
Giorno 3, mercoledì 14/ 11/ 01:
Mi viene consegnato un "Avviso orale" che consiste in un invito, visti i precedenti bla bla bla…, mi invita a tenere una condotta migliore. Pena l'applicazione di una legge del 56 che a libera interpretazione dell'infame PM di turno limiterebbe la mia libertà.

Il lavoro persecutorio dei cani da guardia capitolini e del cornutaccio Franco Pacifici, il PM a cui stanno tanto a cuore i compagni e le compagne di Viterbo, è da inserirsi in un impianto accusatorio basato su desumente, precedenti di polizia (quindi non condanne definitive, per quanto questo sia importante!), pretestuose indagini, tutto finalizzato a reprimere le lotte collettive e individuali che i/le compagni/e portano avanti nel territorio, smorzare la determinazione individuale, colpire il Movimento Rivoluzionario.
     Perché accanirsi su di uno quando qui a Viterbo un collettivo più nutrito si muove con iniziative pubbliche, dentro e fuori una sede, alla luce del giorno? Semplice: le merde prezzolate, vili lacchè dell'ordine democratico, nella loro mentalità contorta che riconosce solo autorità e gerarchie, si illudono di volermi dipingere una sorta di ruolo leaderistico addosso. Niente di più assurdamente falso! Solo le pecore hanno bisogno di un padrone. E i compagni e le compagne non sono certo ovini rassegnati! E vuoi per i tanti anni di attività, vuoi per le "frequentazioni" i sicofanti pagati per incarcerare i proletari e gli sfruttati lavorano duro su di un singolo individuo. "Hai visto mai che prima o poi gliela mettiamo in culo?" Che miserabili pezzenti dalle miopi vedute…
     Prima, durante e dopo Genova lo scenario repressivo e del controllo sociale è andato perfezionandosi facendo un "salto di qualità" proporzionalmente alla crescita del conflitto di classe. Migliaia di compagni/e, di lavoratori, di teppisti, di proletari e proletarie si sono visti lottare contro un capitalismo che mostra il suo vero volto repressivo ed assassino. Dimostrando che la vera Antiglobalizzazione è l'Anticapitalismo.
     E adesso la guerra di spartizione e per il mantenimento della pace sociale che sta massacrando il popolo afgano, piaggiata da un improbabile sentimento americanista e dalla paura di un indefinito terrorismo, delinea piattaforme repressive e di dominio sempre più antiproletarie: questure del facile rimpatrio forzato agli immigrati "sospetti" (quando non è l'arresto!), leggi speciali che abbracciano reati da stadio fino alla prevenzione antiterroristica. Ma i veri terroristi sono gli stati, tutti i governi e l'autorità. Pare che la guerra sia distante migliaia di chilometri. In realtà gli sfruttati sono sempre in guerra: nella produzione, nel consumo, nella carcerazione. 1600 morti sul lavoro all'anno solo in Italia non sono forse assassinii di stato?
     Perché ogni contributo a questo esistente marcio è un contributo alle pratiche di annientamento dei popoli e degli individui.
     Mai come adesso occorre dotarsi degli strumenti appropriati per riscattare la classe oppressa dall'atroce arroganza capitalistica. Le galere sono sempre più piene e il proletariato è tornato a livelli ottocenteschi di internazionalizzazione.
     Solo una insorgenza generalizzata aprirà le porte ad un'esistenza nuova "per tutti/e e per ciascuno/a" sulle rovine di questo mondo stanco e putrefatto costruito sulla fame sullo sfruttamento.
     Dal canto mio le inchieste intimidatorie della magistratura -nella persona del boia PM Franco Pacifici- posso solo dire che non spengono il quotidiano desiderio di ribellione a questa Società Galera.
     L'unica risposta può essere solo l'attacco al capitale in qualsiasi forma esso si manifesti. Il nemico non è un'astrazione. Ha un volto, è fatto di carne e ossa e tiene ai suoi beni materiali costruiti sulla sofferenza altrui:

Colpire! Colpire!! Colpire!!!

Libertà per Robertina, Fabrizio e Raul! Libertà per tutti i detenuti FIES in lotta! Libertà per tutti i/le prigionieri/e della guerra di classe!Liberi tutti/e e subito e senza condizioni!
Fuoco a carceri, tribunali, commissariati! Per una umanità libera: morte al capitalismo mondiale!
Massimo Leonardi

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COL.A.P.S.O.

Cadaveri amati quelli che un giorno
In sogno siete andati dalla patria mia
Gettate, gettate sulla mia fronte
Polvere delle vostre ossa calcinate
Toccate il mio cuore con le vostre mani!
Gemete al mio sentire
Ognuno ha da essere dei miei gemiti
Lacrime di uno più dei tiranni
Andate nei miei dintorni; vagate in tanto
E datemi delle tombe la paura!
Che è poco per piangere il pianto
Quando in infame schiavitù si vive

Josè Martì 1873

Un nuovo ordine mondiale, d'altronde. Un totalitarismo "di nuovo conio" che controbatte, abbondantemente, le peggiori previsioni sugli effetti immediati e futuri che minacciano con il destabilizzare tutte le sfere della vita, in un processo irreversibile di decomposizione sociale e atomizzazione della società subordinata al modello economico capitalista suscettibile di profondi cambiamenti strutturali. Come è ovvio, gli stati sperimentano un processo di ristrutturazione sostanziale sul sociale, politico ed economico, portato avanti dai gruppi più rancidi della reazione, nel tentativo mal dissimulato di "destrizzare" la società nel suo insieme. I propositi "fascistizzanti" del neo-totalitarismo statale sono ben visibili: da un lato assistiamo alla riscoperta di vecchi valori ultraconservatori trattando di rendere popolare una interpretazione distorta delle virtù appropriate della società: autointeresse, lavoro duro, flessibilità, proprietà privata, famiglia patriarcale. Dall'altra, la rimodellazione dello stato implica la dismissione di certe funzioni mediante la privatizzazione e i tagli nella politica sociale, come forma per risparmiare i costi e aumentare le entrate dello Stato. L'autorità statale deve rinforzarsi riducendo gli spazi dei meccanismi di negoziazione corporativa, concentrando il potere dell'esecutivo, restringendo le attribuzioni dei sindacati del settore pubblico e privato, combattendo i poteri locali non-sottomessi e aumentando la visibilità e gli obiettivi degli strumenti repressivi organizzati dallo Stato. Si tratta, in altre parole, di aumentare l'efficacia delle politiche statali, diminuendo le dimensioni strumentali dello Stato (come distributore di beni e servizi per la popolazione) amplificando il suo ruolo come guardiano poderoso, resistente e prestigioso della "nazione" contro i suoi nemici esterni, e come garante della legge e dell'ordine domestico, la stabilità sociale ed un'economia flessibile e competitiva. Il modello statale propugnato dal neo-conservatorismo fascistoide, passa nel concedere poteri illimitati ai rami dello Stato responsabile di mantenere l'ordine mediante il monopolio degli strumenti di violenza. Il dato più significativo è la colossale crescita d'irresponsabili e invisibili autorità governative o para-governative, industrie e servizi sovvenzionati o gestiti dallo stato, polizia segreta e organismi di sicurezza nazionale; che realizzano oscure operazioni militari e di spionaggio. Quale miglior esempio di trasparenza delle istituzioni democratiche dello Stato? Rimangono ancora da collocare in questo nuovo scenario le libertà civili che un innocuo costituzionalismo nominale concede e difende. A questo proposito è necessario fare un accenno con il fine di chiarire i meccanismi che definiscono l'astruso paradigma delle libertà democratiche. In primo luogo c'è una gran diversità di libertà, la cui pertinenza, a seconda delle diverse categorie sociali è, per questo, ineluttabilmente variabile e soggetta a continue modificazioni. Oggi stiamo assistendo al fatto che queste libertà sono messe in discussione a velocità vertiginosa, in tutti gli stati occidentali. All'ora della colazione veniamo a sapere che le polizie europee sottoscrivono il "Documento Madrid" che dà loro la possibilità di reprimere a piacimento qualsiasi rivendicazione, per giusta che sia, che molesti la ortodossia dello Stato-Capitale. Prima di cenare, chi può, conoscerà i nuovi trucchetti che lo stato spagnolo inventerà per "costituzionalizzare" la legge Corcuera o la sospensione per 4 anni dei diritti civili in USA, chiaro che chi soffre queste restrizioni sono come sempre le classi oppresse, i collettivi sociali e gli individui che si rendono significativi nella lotta inalberando la bandiera della giustizia e della dignità. In virtù di queste libertà civili, la società si converte in un campo di battaglia dove il più forte piega il più debole. Così, la libertà, intesa come bene giuridico, concede ai più poderosi la licenza di sfruttare senza limiti, di contaminare l'ambiente, di monopolizzare la cultura e l'informazione, di assassinare, di torturare, di incarcerare, e, in definitiva, di neutralizzare e annichilire, anche fisicamente gli esclusi dal processo di produzione capitalista e i denominati elementi sovversivi ostili a questo stato di cose. E qui, la resurrezione del Leviatano, il ritorno a forme politiche retrograde e reazionarie sono in pieno auge. Le teorie politiche di hobbesiana memoria tornano di attualità, ispirando le riforme dello Stato conformi alle esigenze della ristrutturazione economica globale del capitalismo. Per questo assume rinnovata rilevanza la tesi secondo la quale non vi può essere pace e benessere materiale nella terra a meno che gli individui permangono sottomessi a uno Stato sovrano ben visibile e ben armato, la cui funzione è quella di imporre l'ordine e pacificare permanentemente gli individui. Gli individui rinunciano per sempre ai propri diritti e la possibilità di auto-governo a favore di un ente che monopolizza gli strumenti di violenza, tasse, formazione del consenso, adozione di decisioni politiche e amministrative. (Hobbes). La ricetta è servita: più Stato poliziesco, meno libertà. Però esiste una alternativa percorribile al totalitarismo emergente, crudele e criminale? Noi crediamo di si. Nuovi modelli di solidarietà e resistenza, evidente nei nuovi e non tanto nuovi movimenti sociali, stanno già emergendo. L'unico cammino per arrivare alla verità, è di andare una buona volta ai primi Principi, alla fonte stessa della nascita dei governi. E così, nell'andare all'origine delle cose, scopriremo che ogni forma di governo e ogni equivoco sociale e di governo, deve il suo sviluppo al sistema sociale esistente; all'istituzione della proprietà così come esiste attualmente; e, che per questo, se riuscissimo a farla finita con i nostri equivoci e miserie, una volta per tutte, gli aggiustamenti attuali della società dovranno essere sovvertite totalmente. Stato o Autodeterminazione degli individui? Libertà politiche o libertà universale? Noi scommettiamo inequivocabilmente per la libertà. Come risultato della nostra analisi, non rimanendo al margine del dibattito, noi che ci incontriamo sequestrati istituzionalmente e di conseguenza, i sottoscritti membri del Collettivo di detenuti del carcere di Aranjuez (Modulo 1), abbiamo adottato, riuniti in assemblea, la decisione di fare pubblici i seguenti accordi:
  1. Coincidendo con l'arresto di Eduardo Garcia, sollecitiamo l'opinione pubblica in generale e le entità individuali e/o sociali in particolare che si mobilitano a favore della liberazione delle/dei detenute/i sequestrati istituzionalmente.
  2. Fine immediata della vergognosa campagna di criminalizzazione che strutture e istituzioni di governo, in una escalation senza precedenti, stanno perpetrando attraverso montature e pratiche repressive esecrabili contro i movimenti sociali. Particolarmente, responsabilizziamo di tutto questo alle citate forze e strutture in connivenza con i mezzi di dis-informazione che le appoggiano.
  3. Abrogazione immediata della legge antiterrorismo, autentica licenza di uccidere per le forze repressive e fine delle torture nelle carceri e nei commissariati, sollecitando per il suo effettivo compimento l'implicazione delle strutture nazionali ed internazionali della Commissione dei Diritti Umani.
  4. Fine del Fies e di tutti i metodi d'isolamento assassini che dopo l'integrazione della Direzione Generale delle Istituzioni Penitenziarie nel Ministero dell'Interno, sono rimasti in mano a questi ultimi strumenti di coercizione e di abusi, eludendo anche il controllo del potere giudiziario che, per precario che sia, potrebbe portare alla separazione dei Ministeri della Giustizia e dell'Interno.
  5. Scarcerazione per i malati incurabili, condannati di fatto all'ergastolo
  6. Liberazione immediata per tutte/i le/i detenute/i che hanno estinto i = della loro condanna e/o 20 anni di carcere, autentica aberrazione che non ha altro scopo se non l'accanimento fino allo sterminio dei detenuti.
  7. Fine della dispersione che provoca lo sradicamento delle/dei detenute/i dal loro ambiente sociale e famigliare.

COL.A.P.S.O.
Collettivo anarchico detenuti sociali organizzati

Firmano i membri del collettivo:

Michele Pontolillo, Joaquin Garces Villacampa, Luis M. Mingorance Corral, Josè Maria Pirla Olivan, F.Javier Romero Perez, J.M.Rojas Solano, Monin Ben Jamar, Josè Romero Perez.

Tradotto da Marzio

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Eduardo Garcia Macias

Il 22 ottobre, dopo un anno di carcere preventivo, è stato finalmente messo in libertà il compagno Eduardo Garcia Macias, dietro pagamento di una cauzione di circa 60 milioni di lire.
     Edu era stato arrestato nel novembre del 2000 insieme a Stefanie, che era stata liberata dopo tre giorni, mentre un altro indagato , Jevas, non è stato mai trovato. Stefanie è stata in seguito scagionata, mentre non è ancora chiara la posizione processuale di Jevas. Queste sono le ultime notizie relative ad una vicenda che si è aperta con le accuse, che hanno portato all'arresto dei due compagni anarchici, di avere spedito pacchi bomba ai giornalisti-pennivendoli di regime, complici dello stato nella repressione dei movimenti rivoluzionari.
     In questa inchiesta ha fatto la sua apparizione un infame infiltrato secondo una tecnica ben nota agli sbirri di ogni stato, come pure quella di effettuare "ritrovamenti" a giorni di distanza dalla prima perquisizione: in casa di Edu è miracolosamente comparsa della polvere nera dopo che era stato messo in libertà una prima volta su cauzione(i soliti 60 milioni di lire). È strano come i grammi di polvere trovati variassero da un verbale all'altro, come pure la data del loro ritrovamento.Edu era impegnato nelle attività della crocenera di Madrid, ed aveva avuto numerosi colloqui con prigionieri FIES, portando loro solidarietà anche con presidi sotto le carceri. In carcere non ha smesso di lottare ed ha continuato la sua attività all'interno della crocenera, si è impegnato nella diffusione dei comunicati e delle denunce della condizione carceraria di altri prigionieri, ha attuato uno sciopero della fame di cinque giorni. Accogliamo con grande gioia la notizia della sua liberazione, trovando nella sua determinazione un motivo in più per non smettere mai di lottare contro questa società-galera.

GRUPO DE APOYO AL ALF
c.c. #94 (1842)
Monte Grande - Bs. As.
Argentina
alf_apoyo@uol.com.ar

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La pagina delle evasioni

"È un po' umiliante, ma questo braccialetto è meglio che stare in carcere…" aveva dichiarato ai giornalisti il primo detenuto in Italia ad usufruire del braccialetto elettronico. Dopo qualche tempo trascorso col braccialetto alla caviglia, ha deciso di liberarsi di quest'umiliazione e ha scelto la libertà!
     Il 25 Giugno, due amici del signor Carboni, detenuto nel carcere di Borgo in Francia, hanno costretto un pilota di un elicottero della protezione civile, ad accompagnarli dal loro amico che li aspettava nel campo sportivo della prigione. Quindi, hanno calato una corda e insieme si sono diretti in uno stadio nelle vicinanze, dove sono scappati a bordo di due moto.
     A Bolivar, una cittadina della Columbia, il 22 Luglio, i guerriglieri delle FARC hanno assaltato il carcere e liberato 73 prigionieri. (12 di questi si sono poi riconsegnati ai carcerieri).
     Mister Pullum, è evaso dal carcere "Twin Towers" (?!) di Los Angeles, fingendosi un lavoratore del carcere ed esibendo un documento d'identità con la foto di Eddi Murphi (relativa al film "Dr. Dolittle"). Purtroppo, dopo soli 16 giorni di libertà, il 24 Luglio, è stato catturato.
     Il 9 Luglio a San Paulo, un lungo tunnel scavato sotto la più grande prigione brasiliana che rinchiude 7.200 persone, permette a 105 detenuti d'evadere! Il tunnel sbucava nell'affollatissimo quartiere degli affari, i prigionieri si sono confusi fra la folla e sono riusciti a scappare in pieno giorno.
     Il 26 Settembre, in Australia, evadono 62 detenuti dal carcere di Bonama, tagliandosi un varco nel reticolato. Dallo stesso carcere, lo scorso Natale, evasero 18 prigionieri che si erano aperti un varco attraverso il tetto. In Agosto, arriva ad un carcere in Corsica, un fax dal Ministero di (dis)grazia e (in)giustizia che ordina la liberazione di un detenuto. I carcerieri lo accompagnano all'uscita verso la libertà. Il fax era un falso.
     Dopo quattro mesi di latitanza, è stato arrestato a 30 km da Torino, il prigioniero che il 17 Marzo era evaso dal carcere torinese "Le Vallette". Era evaso segando le sbarre della propria cella, si era calato fino al suolo usando le lenzuola annodate e aveva scavalcato il muro di cinta grazie ad una scala che si era costruito con dei manici di scopa.


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